Vittorio Catani, Il Quinto Principio e la letteratura ‘non di genere’
Recensione di “Il quinto principio” di Vittorio Catani e spunti sull’autore.Entrò senza volerlo, come posseduto da un’altra volontà. Su un maxischermo murale si esibiva una danza stilizzata, erotico-religiosa, una giavanese nuda con quattro braccia e le forme prorompenti delle sculture tantriche indiane. Genetica, chirurgia, ologramma? A chi volevano darla a intendere, doveva esserci il trucco. O forse no? Comunque, sessualmente era uno schianto. Con uno sguardo distolse gli occhi. Fretta.
Su un espositore brillava una catasta di pseudo bibite ad acqua di mare dissalata, quasi liquidi, battidenti, gorgolosi, e soprattutto un nuovo tipo di dolciume, l’H-O-H; gli incarti schermo dai colori acidi si contraevano ritmicamente e gli gridavano nella PEM baciami-divorami-succhiami-comprami! In un espositore dominava il kit Ti-Ri-Faccio, capace – sosteneva la pubblicità – di rimodellarti le ossa del volto. Un processo che impiegava due settimane, garantito innocuo, 30.000 euro pagabili con emissione di bond personali ventennali al tasso d’interesse della giornata. Moreno guardò il kit con desiderio. Si riteneva un tipo interessante: con le donne non aveva mai avuto problemi, lui. Ma gli sarebbe piaciuto somigliare a Leos Krnek, il multiartista che faceva delirare le ragazzine. Accanto vide un oggettino luminoso sconosciuto con le scritte scorrevoli:
HARDLIFE RICORDA
PER TE CHE HAI LA VITA DIFFICILE!
(pp. 9-10, Il Quinto Principio)
La letteratura italiana è piena di nicchie pregiate e di capolavori sconosciuti. E’ un sottile e profondo piacere poter scoprire nei meandri dell’editoria libri assolutamente interessanti. Non che molti testi pubblicati non lo siano, ma semplicemente alcuni possiedono maggiormente il ‘diamante’ dell’ispirazione, dell’originalità o singolari intuizioni.
Il Quinto Principio di Vittorio Catani sembra appunto far parte di questa esclusiva categoria, anche per offrire spunti di discussione generale. Trattasi di un libro Mondadori, facendo parte della collana Urania, ma proprio perché questa è considerata pura editoria tematica, vi si trovano invece spesso testi che potrebbero o dovrebbero essere considerati mainstream.
Occorre affrontare un certo tipo di discorso. Nel mondo anglofono la fantascienza è considerata sia letteratura di genere che letteratura non di genere, considerando nel caso di quest’ultima tutti quei libri che abbiano le caratteristiche per essere riconosciuti come di vivo interesse, pure per chi non sia specificatamente attratto dalla specifica natura letteraria. Infatti noi consideriamo Philip Dick, George Orwell, Ray Bradbury, James Ballard, Douglas Adams e diversi altri non solo autori di fantascienza, ma scrittori che hanno un grande interesse anche per chi non ha un particolare appeal con il genere da loro più frequentato, proprio a partire dalle loro opere più immaginifiche e immaginarie.
In Italia fondamentalmente non è così. La fantascienza viene sempre considerata letteratura di genere, tematica, mentre la contemporanea mai. Invece esistono tanti libri di genere che potrebbero ritenersi del filone contemporaneo o storico.
Cos’è quindi la letteratura di genere? Di norma un libro di genere è quello che non possiede caratteristiche tese a generare nuove scoperte nel lettore o un dialogismo teso a creare un rapporto ricco e articolato, una polifonia di senso e di sensazioni variegate, che superano la frontiere del detto, di ciò che scritto. Un libro che non sia di genere parla anche con i silenzi, le pause, introduce un clima emotivo ed intellettuale difficilmente spiegabile. Determina un’alchimia che non è il frutto della somma e del susseguirsi degli avvenimenti. Non deriva solo dalla costruzione logica e dalla descrizione delle psicologie. La letteratura è gestalt, tanto per usare un termine diffuso nel libro di Catani, che lui utilizza per certi raduni che fanno alcuni gruppi di persone.
Il testo ‘non di genere’ si tesse con un’infinità di riferimenti del lettore, finendo per agire in modo singolare ed eccezionalmente ricco.
Tutto ciò nella letteratura di genere è meno spiccato. In quest’ultimo caso è un po’ come vedere un film d’azione che ha una trama sufficientemente accattivante: i protagonisti vivono, soffrono per qualche motivo, si uniscono, lottano, vincono o perdono. Tanto per fare un esempio.
Esistono quindi diversi libri nella contemporanea che potrebbero essere definiti di genere, ovvero che non possiedono determinate caratteristiche di interazione con il lettore, ma al contempo sono godibili.
In tal senso possono esistere pure fumetti di genere e ‘non di genere’.
Un altro atteggiamento di cui gli italiani sono prodighi nei confronti degli autori anglofoni e relativamente avari nei confronti degli scrittori connazionali è l’idea che la fantascienza estera spieghi o possa narrare il presente, proprio attraverso una forzatura, un evoluzione futuribile o fantasticata, mentre questa capacità è data con grande parsimonia a chi pratica il ‘genere’ in Italia. L’invenzione del futuro spiega il presente, e ne dà una chiave di lettura più intensa. In Ubik, Dick riesce a spiegare in modo intenso gli stati di alterazione psichica e temporale a cui si può essere soggetti nella vita di ogni giorno. Ci offre una chiave onirica e dimensionale che noi riconosciamo albergare in noi, uomini e donne di oggi, così come nel suo Noi marziani (titolo di genere per un libro ‘non di genere’) l’autore americano ci fa penetrare in modo intenso e perfino agghiacciante nei mari dell’autismo.
In 1984 di Orwell noi riconosciamo certe dinamiche costrittive e coercitive della contemporaneità. In Fahrenheit 451 la realtà del controllo del potere: i libri fanno e faranno sempre paura. In Ballard la proletarizzazione del ceto medio, certi impulsi che emergono feroci e ingovernabili nella società attuale, che vive sempre su un crinale di civiltà e istinti selvaggi, di riappropriazione di un’identità arcaica, forse perché solo sopita o anche perché non sempre condivisi i modelli della modernità.
Altri vorrebbero vedere nel ‘genere’ una demarcazione di confine che la contemporanea non ha, ma è una definizione artificiosa. I mondi possibili e remoti della fantascienza sono ricchi nei loro approcci quanto la contemporaneità e viceversa. Gli approcci posso essere mutevoli e soggetti a percezioni diverse. Ciò che era fantascienza ieri, oggi può divenire realtà, e del resto la realtà spesso supera la più sfrenata fantasia.
Chi scrive di fantascienza crede nei mondi possibili. La vita nell’universo può esistere? Assolutamente si. Non abbiamo certezze in merito.
Si può quindi ascrivere alla letteratura nel senso più ricco ed esaustivo del termine, anche Il Quinto principio di Vittorio Catani, ambientato nel 2043. In questo futuro vicino le persone dialogano via PEM, attraverso un dispositivo che è una sorta di social network impiantato nel cervello. Si è passati da orientare i gusti a invadere pensieri, psicologie, memorie, che divengono anche condivise e condivisibili, contaminate dai virus o dotate di possibilità di ‘consultazione’ impraticabili decenni prima.
Il mondo è sempre più governato da interessi globali e uno degli ultimi grandi affari è costituito proprio dalla conquista dell’Antartide in termini di privatizzazione e sfruttamento.
Sull’umanità gravano gli EE (eventi eccezionali), dovuti alla scoperta di un certo tipo di principio che fondamentalmente risiede nel fatto che noi siamo il frutto di poche combinazioni nell’universo rispetto a quelle possibili. Modificandosi determinate condizioni, o meglio, mescolandosi in modo nuovo ecco che si generano eventi incredibili che sconvolgono le conoscenze scientifiche.
Gran parte della popolazione vive svolgendo mansioni degradanti. Nel mondo domina l’elitaria ‘Città grande’, un luogo che sorge su un fungo gigantesco, una città soprelevata, mentre grandi masse trascorrono la loro esistenza sottoterra.
Il Quinto Principio ci offre con generosità una vasta gamma di circostanze, intuizioni, singolari originalità, approcci umoristici caleidoscopici e distopici. Tutto ciò riesce a farci entrare in un mondo futuro, proponendoci diverse chiavi di lettura del nostro mondo, ma anche intersezioni ed emozioni che si tessono con la vita di oggi e con quella di ieri.
Le psicologie alienate, la percezione sempre dissociata di sé, le stratificazioni che rendono inconoscibile e a volte affascinanti sia i personaggi, sia le persone che conosciamo nella vita reale.
Individui che osserviamo come smontati e rimontati, di cui non individuiamo l’origine, le più autentiche facoltà, il primigenio istinto alla vita. Individui che non sanno cosa vogliono nel profondo perché non sono in grado di sondarlo, ma che affermano le loro esistenze rispetto all’idea stratificata che hanno del bene e del male, la quale a sua volta corrisponde a pregiudizi. Aspetto evidente in persone che affermano idee in modo accorato e sincero, ma la cui vita parla un linguaggio differente.
La scrittura de Il Quinto Principio, che ha impegnato Catani per diverso tempo, non è un capolavoro, ma quasi. Sicuramente è un grande libro.
Se critica si può fare, forse questa risiede nel fatto che soprattutto nella parte finale del romanzo convergono troppe forze vettoriali, innescando una fusione tra gestalt, conflitto, PEM, mondo B (esiste un mondo alternativo dove molti migrano), trasmutatore, spam globale che può tradursi in troppa carne al fuoco per il lettore, mentre poi alcuni nodi vengono sciolti in modo repentino.
Un limite generale è dato da un fattore endemico. La fantascienza italiana deriva sempre da un immaginario esterofilo, per quanto Catani sia uno dei primi a utilizzare riferimenti italiani e sintagmi nella nostra madrelingua, anche in questo libro, con ironia e maestria. Del (neo)realismo noi italiani siamo ‘inventori’ o ‘coabitatori’, della fantascienza no. E’ impossibile parlare di fantascienza senza la grande letteratura inglese e americana, di conseguenza non si può non esserne influenzati, pur trovando delle vie personali. In tal senso però Catani ci offre nell’intervista a fine libro degli spunti di riflessione.
Si tratta però di sottigliezze o motivi di discussione all’interno di una narrazione, o a margine di essa, ricchissima e accattivante, colma di trovate quasi geniali.
Vittorio Catani è nato a Lecce nel 1940, vive a Bari dal 1955 ed è una colonna portante della fantascienza italiana. Autore di moltissimi racconti (dal 1962) li ha raccolti nel 2007 nel volume L’essenza del futuro.
Ha pubblicato due romanzi di sf: Il Quinto Principio (2009) e Gli Universi di Moras, con cui ha vinto il primo premio Urania nel 1990.
Nel 2007 ha visto la luce il suo romanzo Per dimenticare Alessia.
Mi fa piacere il tuo articolo su di un’opera fantascientifica italiana, col riconoscimento che ci sono anche ottime opere e talvolta capolavori fantascientifici. Perché però le opere migliori di fantascienza dovrebbero essere incluse nel mainstream? E’ di genere fantascientifico, non mainstream, anche Frankenstein, protoromanzo di fantascienza e capolavoro assoluto che anticipa la condanna dello scientismo, oltre a molto altro – se vuoi vai in merito a quest’articolo: http://www.futureshock-online.info/pubblicati/fsk62/html/shelley.htm –
Cordialmente.
Guido
Grazie! Molto pertinente e interessante il tuo articolo linkato.
In merito al libro di Catani, addirittura nelle note sull’autore si specifica che lo scrittore, dopo il genere fantascientifico – il quale detto per inciso ha regalato a se stesso grandi soddisfazioni e ai lettori spunti intellettuali o emozioni- sia passato ad opere ‘mainstream’. Certamente anche queste sono molto interessanti, ma non le ritengo affatto più ‘mainstream’ rispetto alle prove precedenti.