Un tour nella Roma dei caffè
Tempo fa girovagavo per Roma alla ricerca dei più importanti caffè letterari della Capitale, convinta, o meglio speranzosa, di trovarne qualcuno ancora all’attivo e magari che avesse conservato il fascino che solo certi caffè – salotto sanno suscitare in chi, come me, ama tanto il caffè quanto la letteratura.
Giunta a Via del Corso 185, il punto che fa angolo con Via delle Convertite, mi accorgo che il Caffè Aragno non c’è più. -Ecco perché non l’avevo trovato prima- penso, mentre le vetrate del grande Autogrill che ne ha preso il posto riflettono un’immagine di una me un po’ delusa. A ricordo c’è una scritta: “Aragno”; ma del vecchio caffè non resta quasi più nulla, figuriamoci il fascino. L’usanza di “andare al Caffè” per incontrarsi e discutere attorno ai temi caldi della cronaca, della politica, della cultura, ha subito nel tempo un progressivo declino a favore di un’idea di aperitif – bar connesso al mondo della socialità via web, dell’incontro stile briefing, dell’aggiornamento in tempi rapidi e mirato. I Caffè come luogo di incubazione di nuove idee, di fermenti rivoluzionari, di contatto intellettuale sono ormai quasi del tutto spariti. Qua e là ci sono sacche di resistenza e nuovi tentativi di “fare Caffè” che dell’antica idea sfruttano tuttavia più il potenziale attrattivo da facile marketing che la reale complessità umana che in quei luoghi si percepiva. Tornando all’Aragno, oggi Autogrill, se entrate e riuscite a districarvi tra scolaresche a pranzo, impiegati in pausa, stranieri affamati che indicano insistenti il menù pizza, potreste riuscire a raggiungere una saletta dove sui muri sono appese le foto degli illustri frequentatori del Caffè. La stanza corrisponderebbe alla famosa terza saletta vero cuore pulsante del caffè che come disse Cardarelli “non era un Caffè ma un foro, una basilica, un porto di mare dove, per entrarvi ci voleva del coraggio e una gran voglia di farsi avanti”. Sui muri della saletta oggi ricolma di tavolini da fast food si incontrano i volti di Antonio Baldini curatore del primo numero de La Ronda, Tommaso Marinetti, Leonardo Sinisgalli… Ma vi consiglio di recarvi alla Galleria Nazionale di Arte Moderna e Contemporanea di Roma dove è conservato un dipinto del 1930 di Amerigo Bartoli dal titolo Gli amici al caffè che rappresenta: Emilio Cecchi, Vincenzo Cardarelli, Carlo Socrate, Ardengo Soffici, Antonio Baldini, Pasqualina Spadini, Giuseppe Ungaretti, Mario Broglio, Armando Ferri, Quirino Ruggeri, Roberto Longhi, Riccardo Francalancia, Aurelio Saffi, Bruno Barilli, oltre al ritratto dello stesso pittore Bartoli. Tutti costoro approdarono all’Aragno in quella terza saletta che ispirò anche la terza pagina del Giornale d’Italia che ospitava, non a caso, articoli di cultura. Del caffè “nido irrequieto di giovinezza e sogni di gloria” come recita la lapide posta all’esterno del caffè sul lato di Vai delle Convertite, non resta più nulla. I visi di quegli intellettuali si notano ben poco tra vassoi ricolmi di hamburger, pizza e patatine. Se la cava meglio lo storico Caffè Greco unico storico Caffè che, seppur tra alterne vicende, è riuscito a conservare intatto almeno l’aspetto. Aprì i battenti nel 1760 come riporta la scritta in bronzo visibile all’esterno. Nell’Ottocento il Caffè Greco è una meta ambitissima tanto da diventare tappa obbligata del Gran Tour. Caffè internazionale, frequentato soprattutto dai tedeschi ma anche dagli Inglesi che nel quadrante che va da Piazza di Spagna a Via Margutta e Via Sistina stabiliscono le loro sedi vacanziere. Artisti, scrittori, liberi pensatori convergevano al Caffè Greco che nel 1919 istituì anche la Liberissima Università del Caffè Greco il cui primo articolo recita: “In questa Università non ci sono né docenti né studenti. Tutti sono autodidatti”. Tra gli avventori ricordiamo Giacomo Leopardi, lo scrittore Diego Angeli, D’Annunzio, il poeta Libero de Libero, Carlo Levi, Mario Luzi, Sandro Penna. Notissimi anche gli stranieri giunti al Caffè Greco: Wagner, Shopenhauer, Listz, Gogol, Orson Welles,e addirittura … Toro Seduto! Entrando al Caffè Greco ci si ritrova avvolti in un’epoca che non è più, ma che continua a parlarci attraverso la straorinaria raccolta di quadri, oggetti, sculture, lettere che già a partire dall’Ottocento si cominciarono ad accumulare nel locale grazie alla passione antiquaria dei proprietari. Il luogo più affascinante resta senza dubbio l’Omnibus, stanza larga appena due metri e lunga otto, luogo di ritrovo dei grandi della letteratura che Guttuso immortalò in un suo dipinto. Oggi l’Omnibus è ancora frequentato: ogni mercoledì del mese vi si riunisce il gruppo dei Romanisti, un cenacolo di studiosi e cultori della città di Roma. La sorte dell’Antico Caffè Greco è stata benevola grazie al fatto che a questo Caffé nel 1953 fu attribuito il vincolo di interesse storico che purtroppo è mancato ad altri importanti Caffé della Capitale.
A Palazzo Ruspoli sorgeva un altro importante Caffè che però chiuse già a fine Ottocento. Merita di essere ricordato il Caffè Nuovo, questo il suo nome, perché meritò la fama di “miglior Caffè d’Europa” e conobbe tra i suoi avventori Stendhal che alloggiò proprio a Palazzo Ruspoli. La leggenda vuole che il proprietario del Caffè all’arrivo di soldati francesi nel locale si rifiutò di servirli attirandosi così l’ira del Comando che trasformò il Caffè Nuovo in Cafè militaire français.
Se ci si reca in Piazza di Spagna vale una visita il Keats and Shelley memorial House in cui si possono ammirare le stanze in cui il poeta John Keats visse e poi morì il 23 febbraio 1821. Respirata l’atmosfera british non si può non recarsi alla Babington Tea Rooms apert,a non a caso, in quella Piazza di Spagna che vide un già malato e sofferente John Keats e che fu il luogo principe da visitare per i viaggiatori inglesi dell’Ottocento. Proprio due inglesi stabilitesi a Roma, miss Anna Maria Babington e miss Isabel Cargill, misero in piedi il locale che nel 1993 ha celebrato il suo centenario.
Spostandosi a Piazza del Popolo si incontrano invece i due Caffè dirimpettai: Rosati e Canova. Posti uno di fronte all’altro, continuano ancora oggi una silenziosa e mutua sfida a colpi di menù, bevande ed elegante clientela. Nato nel periodo del regime fascista si popolò lentamente e cautamente di personaggi della cultura, artisti, scrittori, giornalisti ma ben presto divenne uno degli ambienti di sagace satira antiregime. Molti noti avventori si riunirono al Caffè Rosati attratti dalla figura carismatica del Cardarelli, chiuso, sia d’estate che d’inverno, nel solito paltò. Ma al Rosati non era insolito incontrare Pasolini, Elsa Morante, Moravia e soprattutto gente del mondo del cinema e dello spettacolo. Insomma nel secondo dopoguerra, Rosati è stato quello che, fino alla metà degli anni Quaranta per gli intellettuali, gli scrittori e gli artisti, erano stati l’Aragno e il Caffè Greco. Tutto il mondo letterario ed artistico ruotava intorno a questo Caffè di piazza del Popolo. Come ricorda il giornalista e scrittore Giovanni Russo: “L’estate era il trionfo di Rosati. Qui, col ponentino, la sera, fino agli inizi degli anni Settanta, dopo cena, tutti venivano a prendere il gelato o una bibita fresca e a conversare, parlando dell’ultimo film e del libro di Pasolini o di Bassani o di Arbasino o della Morante, o degli avvenimenti politici interni ed internazionali, su cui si accanivano Sandro De Feo ed Ercole Patti, anche se essi d’inverno preferivano gli angoli raccolti, come una grotta accogliente, del Caffè di fronte, Canova.”. Già, il caffè Canova che annoverò tra i suoi ospiti l’assiduo frequentatore Federico Fellini e molti personaggi noti della RAI insieme, in realtà, alle stesse note personalità che frequentavano il Rosati e che facevano la spola tra i due caffè: Mazzacurati, Vincenzo Talarico, Flaiano,Monicelli…
Cosa resta di questi caffè? Nel caso del Canova e del Rosati, essendo di più recente apertura, sono tutt’ora attivi e restano ancora oggi un importante punto di riferimento per la vita culturale e mondana della “Roma che conta”, non senza quella nota di snobismo che li caratterizza e che di sicuro contribuisce ad attirare una agiata clientela. Farsi vedere al Caffé Canova o al Rosati è insomma ancora oggi il manifestare un certo status symbol economico e culturale. Il Caffè Greco è per lo più un caffè museo ed è grazie alla presenza del Gruppo di Romanisti che vi si riuniscono che può definirsi un caffè letterario tutt’ora attivo. Molti caffè però sono svaniti senza lasciare traccia. Manca una tutela storico – artistica che avrebbe certamente contribuito a salvaguardarli. Manca soprattutto lo spirito di un tempo, quell’incontrarsi al caffè per discutere, confrontarsi e magari anche scontrarsi. Nonostante tutto vale la pena fare un tour romano per questi importanti e storici caffè e chissà che, giunti al fondo della tazzina, non riusciate a (ri)assaporare il gusto dei Caffè di un tempo.