Tornando su “L’Ombra del Vento” di Carlos Ruiz Zafón
Gino Pitaro torna a parlare del bestseller “L’Ombra del Vento” di Carlos Ruiz Zafón, uscito per Mondadori qualche anno fa.
“Benvenuto nel Cimitero dei Libri Dimenticati, Daniel.”
Sui ballatoi e sulle piattaforme della biblioteca scorsi una dozzina di persone. Alcune si voltarono per salutarci: riconobbi alcuni colleghi di mio padre, librai antiquari come lui. Ai miei occhi di bambino, erano una confraternita di alchimisti che cospirava all’insaputa del mondo. Mio padre si chinò su me, e guardandomi negli occhi, mi parlò con il tono pacato riservato alle promesse e alle confidenze.
“Questo luogo è un mistero, Daniel, un santuario. Ogni libro, ogni volume che vedi possiede un’anima, l’anima di chi lo ha scritto e l’anima di coloro che lo hanno letto, di chi ha vissuto e di chi ha sognato grazie ad esso. Ogni volta che un libro cambia proprietario, ogni volta che un nuovo sguardo ne sfiora le pagine, il suo spirito acquista forza. Molti anni fa, quando mio padre mi portò qui per la prima volta, questo luogo era già vecchio, quasi come la città. Nessuno sa con certezza da quanto tempo esista o chi l’abbia creato. Ti posso solo ripetere quello che mi disse mio padre: quando una biblioteca scompare, quando una libreria chiude i battenti, quando un libro si perde nell’oblio, noi, custodi di questo luogo, facciamo in modo che arrivi qui. E qui i libri che più nessuno ricorda, i libri perduti nel tempo, vivono per sempre, in attesa del giorno in cui potranno tornare nelle mani di un nuovo lettore, di un nuovo spirito. Noi li vendiamo e li compriamo, ma in realtà i libri non ci appartengono mai. Ognuno di questi libri è stato il miglior amico di qualcuno. Adesso hanno soltanto noi, Daniel. Pensi di poter mantenere il segreto?”
Il mio sguardo si smarrì nell’immensità di quel luogo, nella sua luce fatata. Annuì e mio padre sorrise.
Scrivere di un bestseller non è mai facile. Il rischio di essere scontati è sempre in agguato, dato che magari in apparenza si tratta di parlare di una scelta canonica, lontana dal predicato di dissetare su un libro piacevolmente diverso, poco conosciuto, però magari di qualità eccezionale. Il letterato è un tizio che ama scovare perle preziose, e curiosamente proprio questo è un tema del libro di Zafón. In realtà i grandi successi letterari chiamano i lettori quanto i libri di nicchia. La distinzione vera probabilmente sta, oltre che nella qualità – concetto molto duttile –, nella corresponsione tra i libri e noi. A ogni lettore appartengono determinati classici invece di altri, grandi successi letterari quanto libri meno diffusi. Vedere nel successo un limite nella qualità e nella interazione personale è errato, come a dire che se un libro piace a molti ciò significhi per chi lo apprezza una scarsa personalità nelle scelte. Non è vero. Un libro può divenire un grande successo se riesce a colmare un vuoto, che può essere artistico e letterario o molto più prosaicamente qualcosa di cui si avverte un ‘bisogno’, o che va a soddisfare un gusto di cui vi è esigenza e al contempo mancanza. Nel medesimo contesto poi uno stesso libro dialoga in modo diverso con ciascun individuo.
Una mattina del 1945 a Barcellona, il proprietario di un umile negozio di libri accompagna il figlio Daniel al ‘Cimitero dei Libri Dimenticati’, dove vengono sottratti all’oblio del tempo libri altrimenti destinati al macero. Il piccolo protagonista non sa che questo evento determinerà sviluppi inusitati e determinerà tappe del suo destino, accompagnandolo fino alla maturità. Echeggia una Barcellona pregna di modernismo, ma anche di atmosfere vagamente gotiche, cimiteriali. Una città romantica, nel senso profondo del termine, ricca di umanità e di esistenze particolari, che scorrono tra i numerosi vicoli e le ramblas. Viene reso vivido dall’autore anche l’orrore della guerra civile e il riverbero forte di quella mondiale, mentre il franchismo non sarà una stagione breve e accompagnerà la Spagna fino al ’76. La maestria di Zafón consiste anche nel pennellare la realtà venutasi a determinare a Barcellona attraverso una moltitudine di eventi e situazioni, uno stato d’animo immanente che si impossessa della vita dei personaggi, e diviene un sottofondo nella vita degli stessi, senza che L’Ombra del Vento si trasformi in un libro tetro.
Rileggere questo libro è stata una nuova esperienza, in quanto è un testo capace di offrire spunti, situazioni ed emozioni molto varie. Un testo ricco di dettagli, dove Zafón innesta la sua storia in quella straordinaria osmosi che determinò la trasformazione della borghesia coloniale, che di fatto era sorta tra due mondi, quelli di due continenti. Questo determinò anche le committenze che troveranno in Gaudì uno dei grandi interpreti. Le ricche famiglie attraverso le loro richieste ad architetti e artisti del periodo, determinano in Barcellona un nuovo mecenatismo. In questo magma l’autore catalano è abile nell’inventare dettagli e circostanze falsi ma incredibilmente veri, perché emblematici dell’epoca meglio e più di molte altre trattazioni.
Il romanzo è scritto in modo ammirabile, con una trama che coinvolge. Un libro può avvincere in tanti modi, l’autore sceglie una strada personale e originale nella proposta degli avvenimenti e nelle trovate, ma ortodossa nella capacità e nella dinamica del suscitare curiosità.
A un terzo del libro si comprende che c’è una sorta di specchio tra la vita del giovane protagonista e il misterioso L’Ombra del Vento, un libro scritto da un oscuro personaggio che si chiama Julián Carax. Dei libri si dice che siano specchi, null’altro che specchi. Il nome del capolavoro di Zafón è quindi anche il titolo del libro misterioso che solca le vite dei personaggi: un libro nel libro, nel continuo gioco di specchi che offre il testo, pure con il lettore.
Il romanzo non si presta a facili sponde per afferrare quali possano essere precisamente i legami tra i personaggi e il libro ‘pescato’ da Daniel nel ‘Cimitero dei Libri Dimenticati’, anche perché la storia sembra virare comprensibilmente verso una spiegazione paranormale. I protagonisti tacciono o narrano circostanze per validi motivi, sui cui viene fatta luce gradualmente, e quando i nodi della narrazione saranno sciolti il lettore rimarrà soddisfatto dall’abilità di Zafòn nell’aver intrecciato una storia straordinaria e credibilissima nel medesimo tempo, dove neppur il fantastico si coniuga con l’improbabile. Chapeau.
Ruiz Zafón Carlos
Terminati gli studi in un collegio di gesuiti a Barcellona, comincia a lavorare nella pubblicità, fino a divenire direttore creativo di una importante socierà. Inizia la sua carriera letteraria nel 1993 con Il principe delle nebbie, prima parte della trilogia della nebbia. Nel 2001 esce il primo grande romanzo, L’ombra del vento, che con otto milioni di copie vendute nel mondo, diventa uno dei più grandi successi del nuovo secolo. Confermato nel 2008 con Il gioco dell’angelo, mentre il 2009 è l’anno di Marina, cui seguono Il Palazzo della Mezzanotte (2010), Le luci di settembre (2011), Il principe della nebbia (2011). I suoi libri sono stati tradotti in tutto il mondo e ottenuto premi e riconoscimenti internazionali. Nel 2012 esce in Italia il terzo volume della trilogia inaugurata con L’ombra del vento, ovvero Il prigioniero del cielo.
Ruiz Zafón vive a Los Angeles dal 1993 dove scrive anche sceneggiature di film per Hollywood. Collabora continuativamente con i quotidiani spagnoli El País e La Vanguardia.
In una Barcellona incantata, Zafon ci trascina in questa storia che fa innamorare del suo modo di scrivere e dei suoi personaggi chi legge questo romanzo.
Spinge persino, a me è successo, a cercare nella bella città catalana i luoghi dove l’autore ci ha portato con la fantasia e l’immaginazione.
Molto bello. Da leggere come primo libro per chi si avvicina a Zafon e come completamento, invece, per chi si è avvicinato a Zafon leggendo altre opere come Il gioco dell’angelo e Marina.