“Scavi dentro il tempo” di Mario Massimo
Nuova recensione di “Scavi dentro il tempo” di Mario Massimo.
L’archeologia da sempre si nutre di una particolare visione, articolata e complessa, che è quella letteraria. Si potrebbe dire tra le molte cose che si fa archeologia con gli scavi materiali, sul suolo o subacquei, ma anche andando a ritroso nel passato, alla ricerca di fonti e documenti. Una dimensione pertinente allo storico, se non fosse che chi la pratica percepisce se stesso proprio come un archeologo che scava tra i sedimenti del tempo, i quali hanno sommerso circostanze significative o semplicemente illuminanti.
Eventi ormai privi della memoria collettiva sopravvivono attraverso innumerevoli comportamenti attuali che vi sono direttamente connessi, e di cui magari non ci rendiamo conto. Il passato quindi è rivelatore di attitudini e costumi recenti. A tal fine però la visione storica non è sufficiente se non corredata anche da studi antropologici e sociologici.
Mario Massimo ci porta a ritroso in alcuni fatti del passato, reali oppure parzialmente immaginati, ma qui la pura fantasia è al servizio della verità storica. Una verità che ‘scava’ a fondo nel sentire e nell’agire dell’epoca.
C’è in una locanda il racconto del Golgota e di un certo Gesù il Nazareno, la figlia di Brunetto Latini e un’eredità particolare, un uomo nella Napoli del ‘500 e la somiglianza con il ritratto di Caino, una suora arsa dal sapere e dallo scrivere costretta al silenzio, una relazione che naviga tra vari fraintendimenti tra Milano e Vienna nel 1832 e molto altro.
Occorre dire che la raccolta di racconti dell’autore appartiene alla cosiddetta letteratura colta. È bene precisare cosa si intenda per ciò. La narrativa in genere presenta un taglio trasversale, ovvero interagisce con il lettore a qualunque livello culturale appartenga, purché egli abbia il gusto della lettura. L’artisticità, il capolavoro o la capacità di attrarre l’attenzione alle vicende e ai personaggi, indipendentemente da un linguaggio che può essere semplice o articolato – con utilizzo di vocaboli desueti – trovano nella capacità di coerenza al ‘clima narrativo’ e alle virtù del raccontare le proprie peculiarità. Certo, un’opera risulterà più scorrevole mentre un’altra ci indurrà ad indugiare tra le pagine oppure ad una ricerca ipertestuale. Un vero narratore non è diverso rispetto ad alcuni vecchi pescatori o contadini che raccontano mirabolanti vicende. Ecco perché Guerra e Pace trova motivi di attrazione e interesse indipendentemente dal livello di acculturazione dei lettori, entro certi limiti, ovvio. Cito Guerra e Pace perché è un romanzo che non solo offre delle vicende, ma anche proprio una visione storica, spiegata da Tolstoj stesso a fine testo. Si usa invece definire ‘romanzo colto’ e ‘racconto colto’ opere ricche di riferimenti e citazioni o più propriamente concepite come ‘substrati’ rispetto ad alcune acquisizioni, dando per scontato che chi legga ne sia provvisto. E’ un genere vasto ed eterogeneo. Vi si può ascrivere pienamente la raccolta Scavi dentro il tempo, dove se non una conoscenza della storia, si dà come avvertimento preventivo un gusto per l’approfondimento storico. È una scelta voluta da Mario Massimo, che avrebbe potuto estrapolare alcune vicende secondo un ottimo feuilleton popolare oppure osservando altri canoni.
L’autore fa un’opera di condensazione, mettendo il lettore proprio nella condizione di archeologo, di ricercatore, e riuscendo senz’altro nella capacità di fargli assaporare il gusto della storia, perché la Storia, quella vera, passa attraverso una mole di vicende trascurate dai testi accademici e dai corposi volumi che abbracciano le varie epoche, ma che ci permettono meglio di altre di entrare nel senso che davano alla vita e al mondo i nostri antenati. Così uguali, così diversi. La Storia siamo noi.
Mario Massimo è nato nel 1947 a Foggia, dove vive; ha insegnato nei licei. Ha pubblicato: Chronicon, Il Calendario, Firenze, 1987 (poesie); In fondo al giorno, Il Calendario, Firenze, 1987 (poesie); Prede, Perrone, Roma, 2013 (poesie); La morte data, Manni, Lecce, 2009 (racconti); Tre schegge di tempo, Puntoacapo, Novi Ligure, 2011 (racconti); Nella scia, in Racconti sotto l’ombrellone II, L’Erudita, Roma, 2013; Roma “in giallo”, in Il Ponte, LXVII (2011), 4 (critica); La taverna, il castello, gli emblemi in Orlando, Esplorazioni, III, 2013 (critica); scrive su Flanerì e Patria Letteratura. Scavi dentro il tempo, Empiria 2015, è la sua ultima fatica letteraria.
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