“Romanzo irresistibile della mia vita vera” di Gaetano Cappelli
Recensione di “Romanzo irresistibile della mia vita vera” (Marsilio, 2013) di Gaetano Cappelli.
“Il disegno di una stupefacente trama del destino” con questa frase, tratta dal romanzo di Gaetano Cappelli, si potrebbe spiegare il racconto inverosimile a cui ha dato vita lo scrittore potentino. Cappelli ritorna alla stesura di una grande indimenticabile storia con la scorza aggiunta della maturità autorale, datagli, almeno a livello di riconoscimenti, da importanti premi internazionali: vedi il “Premio John Fante con “Parenti Lontani”, e il “Premio Ernest Hemingway con “La vedova, il Santo e il segreto del Pacchero”.
Il romanzo irresistibile della mia vita vera, che ci racconta Capelli, ha come protagonista Giulio Guasso, un giovane ragazzo del sud, stralunato e sognatore, musicista di pianoforte a tempo perso. Causa le solite stranezze del destino, Giulio, appena vent’enne, conoscerà l’amore-corrosivo per una ragazza così graziosa da segnare il varo epico della sua vita: un lungo amarcord che scorre via veloce e dolce tra miriadi di prolessi che, pagina dopo pagina, ricostruiscono meticolosamente l’andirivieni dell’intera storia. .
Simile alla musica di un valzer “all’italiana” come quella che scriveva Nino Rota, Giulio ci racconta con voce soave e disinibita quanto di più incredibile e meno incredibile gli sia successo – così da trovarsi, a cinquant’anni suonati, solo senza soldi, e con una fama da scrittore (ex candidato al Nobel) che, a sentire nei suoi pensieri, “non vale più una sega”.
Strano per uno come Giulio, messo al mondo per diventare l’erede del grande concertista di piano Arturo Benedetti Michelangeli che giunse in sogno alla madre nelle vesti dell’Arcangelo. Così il divino Giulio cresce coccolato da tutte le donne di famiglia e dallo zio Sgiascì, carabiniere sciupafemmine nella Roma della Dolce Vita. Da qui in avanti il destino del giovane “Giulié” avrà sempre a che fare con una serie di donne, e un manipolo di personaggi “tutti un po’ strambi” che, in un modo o nell’altro, ritorneranno senza sosta durante l’intero resoconto del romanzo: il padre “inventore d’affari”, le zie scimmiute, il poeta ruspante Sasà Sassi, i musicisti cosmici e filo-wagneriani Achim e Irmgard, il cenacolo romano dei letterati d’avanguardia, “un bravo ragazzo” di nome Athos Patitucci; ma soprattutto lei, la regina del romanzo. L’impareggiabile, per bellezza e intelligenza, Elena Bulbo D’Ambra.
Così la domanda fatidica è: può una donna conosciuta negli anni più fecondi delle fregole giovanili, amata e baciata un paio di volte, e poi mai più rivista, condizionare e sconvolgere un’intera esistenza? Così sarà per Giulio Guasso. Attraverso un collage di intrecci a metà tra il romanzo onirico-atrabiliare e l’avventura vagabonda che sfuma nel noir, questo romanzo ha la potenza di un gran bel film. Lo stile di scrittura di Cappelli è inoltre fascinoso, si vuol far leggere, e non predispone a una lettura passiva; alle volte le subordinate si accavallano e la punteggiatura si perde, gli occhi strabuzzano ma poi riprendono, con piacere, il filo morbido della sua musica.
Alla fine del romanzo ciò che resta è una sensazione contrita di entusiasmo e d’imbarazzo, o “la percezione (vaga) di quanto tempo è realmente passato da quando eri partito alla scoperta di un nuovo mondo”.
“Continuano a remare, barche contro la corrente, sospinti senza posa verso il passato” (Francis Scott Fitzgerald).