“Traiettorie di Luján” di Roberto Chiapparoli
Recensione di “Traiettorie di Luján” (Ensemble, 2014) di Roberto Chiapparoli.
“Come parvenza,/ un soffio esile/ ci accompagna”
Sottile ma energica, la poesia di Roberto Chiapparoli è un cielo sereno sopra il mare in tumulto. La dimensione della poesia, nel risultato dell’autore prende possesso della sua funzione comunicativa e si consegna come vero e proprio veicolo emotivo. La morbida disposizione dei suoni, la prontezza di un linguaggio semplice ma mai banale, permette una comprensione a più livelli e il lettore si scopre esploratore dei componimenti, nelle loro profondità, alla ricerca di un tesoro ancora più nascosto. I versi sono principalmente brevi; conoscono l’esposizione in stili più o meno prosastici, prediligendo a volte la narrazione, a volte la descrizione, senza perdere mai un’agiatezza nella forma; questa impronta di base lascia trapelare inquietudini che per contrasto arricchiscono maggiormente il componimento stesso.
Il titolo “Traiettorie di Lujàn”, ci porta in una terra lontana, incuriosendo e preparando il lettore ad una poesia che si distacca dagli esiti della lirica contemporanea, ritrovandosi in risultati forse crepuscolari, addirittura romantici ma carichi di una ricerca impontata nel futuro. Una poesia personale, quasi biografica, che si presenta universale nei titoli dei capitoli, i quali contengono in pieno le tematiche principali affrontate in più aspetti. Segno fondamentale della poetica di Chiapparoli è la presenza dell’altro da lui, dell’altra umanità: una compagnia femminile avvolta da una eroticità mai violenta, un lettore ipotetico quasi fotografato in un dialogo, addirittura gli elementi quasi in una prosopopea del sentire, i quali diventano cardine della comunicazione del poeta, che, mettendosi come modello in prima persona, mostra come l’infinito ‘capiti’ nel finito, nella realtà, nella quotidianità di una notte o di un paesaggio. Tutto questo si evidenzia perchè i componimenti di questa fattispecie sono quelli più riusciti in quanto maggiormente comunicativi. Ma in fondo, negli spazi tra un verso ed un altro, si cela un’accidia che aleggia nella maggior parte dei componimenti, come un’inquietudine del vivere che trapela dalla disposizione attenta del lessico, dall’eleganza di uno stile sobrio e squisito, dalla ricerca di un continuo contatto, mai pienamente soddisfatto.