Riprendendo in mano “La logica del desiderio” di Giuseppe Aloe
Lui, lei e l’altro.
Per l’anziano padre “un sistema sociale in via di fallimento”, per il giovane amante “una passione incontrollabile”. Ed è proprio la passione incontrollabile il campo d’indagine di Giuseppe Aloe nel suo La logica del desiderio, romanzo ben congeniato affinché il lettore non si appassioni ad un romanzetto amoroso da casalinga disperata, bensì venga coinvolto negli strani meccanismi, psicologici ed affettivi, che inducono alla passione ed intrappolano.
Perché dietro a tutto c’è la volontà di capire se c’è una logica, nel desiderio dell’altro, se questo possa essere una linea continua o, piuttosto, un’altalenante susseguirsi di pensieri, emozioni, gesti.
Il protagonista ricorda quando la sua monotona e noiosa vita – che trascorreva sul ballatoio di casa intento a correggere le bozze di un romanzo che non avrebbe mai pubblicato – all’improvviso viene sconvolta dagli “occhi più irrefrenabili” che gli fosse capitato di osservare, quelli della seducente Vespa, il cui nome molto rivela della sua inafferrabile e pericolosa personalità, moglie evidentemente infelice e irrequieta del nuovo vicino.
In breve gli occhi di Vespa gli penetrano dentro, come la lingua della sua bocca ad una festa, incipit di un adulterio in cui all’emozione per il proibito si aggiungono man mano gli elementi propri di una relazione malsana, quali la possessività, la necessità di controllo dell’altro, la gelosia. Perché lui non è l’unico diversivo per l’irrequieta Vespa, che candidamente e crudelmente, novella niña mala, gli racconta degli altri. A lui, però, va bene così, disposto com’è, pur di starle vicino, a trasformarsi nel suo “fornello da cucina, nel sapone, la federa, la polvere che si accumula sotto i tacchi”; un amore spasmodico che lo obbliga ad indossare l’abito dell’invisibilità presente, pur di non perdere del tutto i contatti con lei. Al punto da sopportare perfino l’idea che Vespa sia incinta di un altro uomo, uno senza volto, confusa com’è tra i suoi innumerevoli amanti.
Vespa è, tuttavia, irrrefrenabile; con un ferro da maglia pone fine alla vita che sta nascendo dentro di sé, mentre l’apparentemente ingenuo marito ne approfitta per abbandonarla a se stessa, stanco dei suoi continui tradimenti.
Ed ecco che il giovane aspirante scrittore ricopre un ulteriore ruolo nella storia, quello di infermiere e confessore, di educatore delle pulsioni e desideri di Vespa, nella speranza di riuscire a codificare e sistemizzare il desiderio di lei a suo vantaggio.
Vespa però scompare, firma le dimissioni dall’ospedale e si volatilizza; inizia così per l’abbandonato amante un lungo e difficile percorso di epurazione del desiderio, un planning fitto di pensieri ed azioni, come si fa negli ospedali psichiatrici, per riuscire a sfuggire a quel pensiero fisso, Vespa, all’angst, il cumulo di disperazione che improvvisamente gli piove addosso.
La scomparsa di Vespa coincide nella vita del giovane protagonista alla scomparsa anche di ogni suo autentico desiderio e all’assenza di vitalità. Almeno così procede fino all’arrivo di Agneta, giovane collega che porta con sé quella “legalità dei sentimenti” cui tanto aveva teso il giovane scrittore.
Tuttavia, l’irrequietudine è propria dell’essere umano, e nello scandagliare i suoi sentimenti, il giovane sente la melliflua presenza di un’insoddisfazione, che sembra redimersi solo quando, dopo un incontro casuale che riporta sulla sua strada Vespa, riprende con lei, ma a ruoli invertiti rispetto al passato, la relazione clandestina di qualche anno prima. Anche questa ripresa del desiderio è tuttavia un’illusione; i tempi sono cambiati e Vespa non è altro che un ricordo sfilacciato di un desiderio, che attualmente è stato del tutto riversato su Agneta, la cui graduale lontananza lo sta legando a lei in maniera incomprensibile.
Che il desiderio irrefrenabile nasca dall’assenza dell’oggetto desiderato? Che l’essere umano sia condannato ad una perenne insoddisfazione nella perpetua ricerca dell’equilibrio? Che sia “l’impossibile” e “l’inafferrabile” ciò che alimenta di passione la vita di ognuno di noi?
Aloe, con una scrittura pragmatica e al contempo fascinosa lascia aperti questi interrogativi, sebbene sorga il dubbio che l’autore piuttosto convenga col pensiero aristotelico secondo cui è nella natura stessa del desiderio l’impossibilità di soddisfarlo e in quella degli uomini vivere nella speranza di riuscirci. Ai suoi lettori l’ardua sentenza.