“Quadro senza tempo” di Fabrizio Santi
Recensione di “Quadro senza tempo” (Edizioni Ensemble, 2013) di Fabrizio Santi.
Iniziando a leggere questo romanzo si ha davvero l’impressione di essere catapultati nel territorio toscano, con le sue atmosfere e la sua innegabile poesia naturale.
Siena e i suoi dintorni fanno da cornice all’incipit di questa strana avventura che vede coinvolto un ricercatore tedesco, Theodor Klinsmann, che si trova in Italia un po’ per piacere e un po’ per lavoro presso una parente aristocratica, la zia Greta.
Un’avventura che nasce da un racconto di locanda durante il quale Theodor sente per la prima volta parlare di una leggenda che ruota intorno a un quadro raffigurante un angelo dalla veste purpurea che tiene una pergamena con una iscrizione e alle cui spalle vi è una collina che porta a una torre sovrastata da un cielo in cui campeggiano due lune. Non è certamente il dipinto a interessare il giovane studioso tedesco, quanto l’enigma che esso porta con sé: si dice infatti che questo quadro appaia e scompaia in vari luoghi e che chi lo abbia visto sia stato vittima di un incantesimo o maleficio, che porti alla follia o addirittura alla sparizione vera e propria della persona testimone.
Theodor inizierà perciò una caparbia ricerca del dipinto e del “puzzle” che compone la sua storia soltanto in virtù del fascino con cui questa leggenda sembra averlo ammaliato. Al suo fianco Irene, amore discreto, nuova possibilità per la sua vita appena reduce dal fallimento di un altro rapporto importante, lasciato in Germania e probabilmente non ancora intimamente risolto in quanto non risolta la coscienza che ha di sé lo studioso.
A Roma, arrivato per ragioni di ricerca, Theodor conosce Riccardo, musicista single, con un matrimonio e un figlio alle spalle, il quale viene coinvolto per amicizia ad aiutarlo a seguire le tracce del quadro e di un groviglio di eventi che legano tra loro molteplici personaggi e gruppi esoterici.
Theodor subirà anche serie minacce per la sua stessa vita pur di essere messo a tacere e pur di farlo desistere dai suoi propositi.
Dopo una serie di ricerche tra Siena e Roma, scoperte insperate e a volte fortuite, soluzioni di enigmi che portano sempre un passo avanti verso la soluzione finale dell’enigma, Theodor e Riccardo conosceranno il conte Carlo Luchini Sforza, e giungeranno a una soluzione e visione d’insieme della faccenda. O forse no.
Solo dopo la morte della zia Greta finalmente i tre, Theodor, Irene e Riccardo, giungeranno a San Galgano.
La prima cosa che ho apprezzato sin dalle prime righe di questo romanzo è la qualità letteraria di indiscusso valore, sia per quanto riguarda l’aspetto linguistico che lessicale. Ottime le descrizioni: ogni particolare sembra un quadro dipinto con sfumature e dettagli tali da portare il lettore a osservare la scena con i propri stessi occhi. Una lingua che oserei definire di altri tempi, molto lontana da strane sperimentazioni letterarie.
Un testo non facile da seguire, in cui si palpa con estremo piacere la grandissima cultura in molteplici discipline dell’autore. Gli intrecci e il numero di personaggi sono talmente ben elaborati da richiedere una lettura attenta e spesso mi sono trovata a dover ritornare indietro e rivedere alcuni passaggi.
È una lettura che vuole lentezza, la stessa lentezza della poesia. Tuttavia c’è da rimarcare che proprio questa voglia di approfondire, di sottolineare i particolari, rendono il racconto meno scorrevole in alcuni suoi passaggi.
La trama a volte si perde per lasciare il posto alle descrizioni e questo penalizza il lettore che si trova impantanato in lungaggini che vorrebbe scavalcare pur di conoscere gli esiti dell’avventura.
Se da una parte si apprezza il valore letterario di questa opera dall’altra ci sono alcuni difetti nella trama che a volte si ferma e altre volte scorre catturando l’attenzione per poi cadere in dialoghi a volte poco credibili. Anche il rapporto tra i due innamorati è freddo, per quanto debba rappresentare un rapporto con delle difficoltà, in realtà denota una relazione impossibile da vedere ai giorni nostri, anche qui i dialoghi sono del tutto improbabili e ai limiti della credibilità.
La grandezza letteraria dell’opera sovrasta e oscura la trama e così ci si trova di fronte a un’avventura, ricca di ambizioni.
Forse meriterebbe una rilettura per dipanare meglio personaggi ed eventi. Ottime le descrizioni di Roma e di tutta la parte trasteverina che mi è molto nota, ma ancor più avvincenti quelle della Roma sotterranea che fanno meritare all’autore un grosso applauso per la sua profondissima conoscenza della materia trattata.