“Prede” di Mario Massimo
Recensione di “Prede”, raccolta poetica di Mario Massimo pubblicata da Giulio Perrone Editore.
Le Prede di Mario Massimo sono la breve sostanza di cui si fa l’ispirazione di questo ottimo poeta, malinconico, abbandonato al male della vita e del ricordo, sensibile di una sensibilità sottile. Ma le prede sono anche i ricordi, i luoghi e i momenti (i Visi) da cui scaturisce una poesia come gettata sullo splendore attuale delle rovine.
Affascinato dal gusto neoclassico e un po’ alessandrino, Massimo intesse, a costo di portare una sintassi controllatissima quasi alla rottura, una serie di volute allocutive (è ben vivo il tu falsovero dei poeti in queste finzioni) commosse e commoventi (p. 40):
Lodi, non te ne faccio, o tu mi accusi,
magari, di volerti ben lisciare
per il verso del pelo (nuovo corvo
esopiano che fa – male! – la volpe),
ma grazie, almeno, te lo posso dire?
Derivato da Montale (e chissà da quante altre letture, dal Novecento a retrocedere) il senso per una musica conclusa, madrigalesca, che porta all’ultimo accento suono e senso come in un Lied, ma all’italiana, spiccano il gusto per un lessico forbito e tuttavia non dottorale, vivo (discernersi, indocile, suburrano ma anche aeronavi, spavalda, pacchiana) e l’allusione intellettuale (non solo letteraria) mescolata a una sensualità sinceramente sofferta.
Volontariamente lontano da uno sperimentalismo che nella tradizione contemporanea continua a farsi sentire con le sue ragione (e penso alle esperienze diverse di un Inglese, un Frasca, ma anche al più giovane Fabio Teti), Massimo prosegue per la via appartata del canto, ed è, il suo, davvero un canto pregevole, fra l’architettura e la fotografia delle immagini, per cui nemmeno un accento è sprecato, nessuna piega del discorso è fuori luogo in questi trenta frammenti d’elegia raccolti nelle tre sezioncine non titolate.
Il tempo
Oscura, la virilità prorompe
lungo il tuo corpo di ragazzo, al labbro
ancora colmo, infantilmente, e dolce.
Ma l’appoggiarsi del tuo corpo al braccio
nell’equilibrio sciolto del riposo,
come efebo nel bronzo, toglie al tempo,
per un istante, nella mia illusione,
la sofferenza che dà il suo mutare.
Una lettura piacevolissima, dunque, che il libretto offre al mangiatore di poesia in cerca di momenti ben definiti e circoscritti in musiche brevi.