Una poesia inedita di Giorgio Linguaglossa
Una poesia inedita di Giorgio Linguaglossa.
Il gioco dell’ombra tra gli hangar. Balenano fasci di luci dai riflettori
posti sulla sommità delle torrette blindate.
Sulla terra battuta risuona il passo dell’oca dei soldati.
I gendarmi giocano al gioco delle tre carte.
Gli ufficiali puntano alla roulette: sul rosso, sul nero,
sul numero 33.
Giocano con le bambole, giocano con le murene,
accompagnano al pianoforte la bella Marlene
che canta il Lied della nostalgia e della morte.
In alto, le sette stelle dell’Orsa maggiore.
Beltegeuse è una stella nana e Enceladon è lontana
nel firmamento stellato.
Cogito è in viaggio su un treno blindato
sta scrivendo una cartolina ad Enceladon:
«Mia amata, il mio posto è qui».
Un pittore fiammingo dipinge la luna e una natura morta.
Un Signore salta dalla bandella di un polittico nella stanza del pittore.
Gira per la stanza, vuole prendere un po’ di aria fresca.
Non vuole più dipingere Annunciazioni o Madonne col bambino.
Anteprima: Un uomo in nero è accanto al letto di morte del poeta.
«Ospite sgradito! La tua fama da tempo s’è sparsa»,
scrive il poeta sul letto di morte.
Un gendarme cammina tra gli hangar, agita il frustino
in mezzo ad un nugolo di cani lupo. Abbaiano furiosi,
intuiscono gli ordini dell’aguzzino dal movimento del suo polso.
Interno di una locanda: dei balordi giocano a carte
ma la luce della finestra non li raggiunge.
Li sfiora e va altrove e la luna non c’è.
Benozzo Gozzoli alla corte degli Estensi dipinge
un cardellino sul ramo di corbezzolo
e fischia un motivo di Mozart,
sa che non c’è più tempo, deve affrettarsi,
il Beato Angelico lo ha chiamato a Roma,
«Per fare cosa?», si chiede Benozzo, «ancora affreschi,
polittici da altare, annunciazioni?».
Il treno carico di morti viventi è in corsa nella notte.
Inverno. È arrivato il grande freddo. Berlino.
Il lampionista spegne i lampioni lungo la Marketstrasse n. 7.
La polizia segreta bussa alla porta del Signor Cogito.
«Gutentag Herr Cogito».
da “Risposta al Signor Cogito” (inedito)
Giorgio Linguaglossa è nato a Istanbul nel 1949 e vive e Roma. Per la poesia nel 1992 pubblica Uccelli (Roma, Edizioni Scettro del Re), nel 2000, Paradiso (Libreria Croce, Roma), nel 2006 La Belligeranza del Tramonto (LietoColle 2006), e nel 2013 Blumenbilder – Natura morta con fiori (Passigli, Firenze). Ha tradotto poeti inglesi, francesi e tedeschi tra cui Nelly Sachs e Trakl. Dal 1992 ha diretto la collana di poesia delle Edizioni Scettro del Re di Roma. Nel 1993 fonda il quadrimestrale di letteratura «Poiesis» che dirigerà fino al 2005. Nel 1995 redige e firma con Giuseppe Pedota, Lisa Stace e Maria Rosaria Madonna il «Manifesto della Nuova Poesia Metafisica», pubblicandolo nel n. 7 della rivista da lui diretta. Nel 2001, pubblica il racconto lungo Storia di Omero nel volume collettivo Via Pincherle – Modelli Narrativi a Confronto, per le Edizioni Libreria Croce. Nel 2003 pubblica il libro di saggi sulla poesia moderna, Appunti Critici – La poesia italiana del tardo Novecento tra conformismi e nuove proposte (Coedizione Libreria Croce – Scettro del Re). Suoi saggi sulla poesia contemporanea sono presenti in Linee odierne della poesia italiana, a cura di Roberto Bertoldo e Luciano Troisio (Quaderni di Hebenon, 2001), e nel volume Sotto la superficie. Letture di poeti italiani contemporanei a cura di Gabriela Fantato (Bocca, 2004). Per le edizioni Bonaccorso di Verona nel 2005 pubblica il romanzo breve Ventiquattro tamponamenti prima di andare in ufficio. Ha curato l’apparato critico del numero speciale 33 di «Poiesis» del 2006 dedicato alle traduzioni di alcuni saggi del poeta russo Osip Mandel’štam e di dieci poesie inedite del poeta russo: Il fornello a petrolio (poesie per bambini). Alcuni suoi saggi sulla poesia contemporanea sono apparsi in «Numen» del 2007, quaderno di critica edito dalla rivista di segni contemporanei «Altroverso» di Campobasso. Ha curato le presentazioni critiche dei poeti inseriti ne La poesia degli anni Novanta. Antologia (Roma, Scettro del Re 2002) ed è presente con alcune composizioni nella Antologia della poesia erotica contemporanea (Roma, Ati Editore, 2006). Collabora in veste di critico con le riviste di letteratura contemporanea: «Polimnia», «Hebenon», «Altroverso», «Capoverso».
Sue poesie sono state tradotte in spagnolo, inglese e bulgaro. In quest’ultima lingua è stata pubblicata nel 2007 la traduzione integrale de La Belligeranza del Tramonto.
Nel 2007 pubblica il saggio Il minimalismo, ovvero il tentato omicidio della poesia in «Atti del Convegno: È morto il Novecento? Rileggiamo un secolo» per le edizioni Passigli di Firenze. Nel 2010 escono La Nuova Poesia Modernista Italiana (1980 – 2010) con EdiLet di Roma e il romanzo Ponzio Pilato (Milano, Mimesis, 2010); nel 2011 esce Dalla lirica al discorso poetico. La Poesia italiana dal 1945 al 2010 (EdiLet, Roma); nel 2013 per la Società Editrice Fiorentina esce il saggio Dopo il Novecento. Monitoraggio della poesia italiana contemporanea.
È il coordinatore del blog lombradelleparole.wordpress.com
Giorgio Linguaglossa e questa scrittura giunonica, tanto distante da Blumenbilder, quanto altrettanto bella. Trasferita in un mondo che può essere la Germani del ’36 come di cent’anni dopo. In un futuro a venire da pensare, da squadrare, da scaridnare. Unico critico che conosca, amnate della poesia e altrettanto valido poeta. Un grazie per la bellissima lettura.
Solitaria è la nostalgia, è stato il commento scritto a caldo a conclusione della lettura di questa poesia di Giorgio Linguaglossa, e mi sono chiesta ‘perché?’, o per dire meglio: per quali ragioni la poesia mi ha procurato un pensiero simile?
Si entra in uno o più spazi immaginari attraverso rimandi contigui tra interno ed esterno, le ordinate sono indipendenti dalle ascisse, i riferimenti temporali sono aboliti, come pure i punti cardinali, e se una stella indica il cielo è per ricordare che l’uomo viaggia lontano dal tempo, suo e della storia.
«Mia amata, il mio posto è qui».
La scrittura è il luogo. Meglio: il luogo è la poesia. Nell’ic et nunc tutto il tempo somma l’insieme degli infiniti presenti. Il verso racchiude una sua compiutezza che non rimanda ad un ‘a capo’, al verso successivo; anzi, sembra quasi che, coscientemente, si isoli. Manca la ricercatezza di parole chiave che conducano a un senso, perché ogni parola è nel senso: essa, esprimendosi, ricerca sé stessa.
Herr Cogito, è una figura emblematica: è la voce vera del nostro tempo in quanto include in sé tutto quello che il nostro tempo rappresenta, passato e presente.
Ma il signor Cogito può esprimere il tempo nel suo presente.
Come in tanti addii, i flash-back lo racchiudono.
Geniale.
Giuseppina Di Leo
Questa poesia inedita di Giorgio Linguaglossa presenta una architettura complessa con continui rimandi a diversi piani, contigui, intersecati, distonici, stridenti ma accomunati da una scenografia teatrale e filmica fatta di continui flash-back, di micro settings che si illuminano di volta in volta componendo un affresco che strappa il lettore dalla concretezza della realtà storica. Alla prima lettura mi è parso subito di essere coinvolto in un espressionismo teatrale (Toller- Strindberg- James Ensor) come pure di guardare una illustrazione satirica dei primi anni del ‘900, con elementi surrealisti (Gozzoli che fischia un motivo di Mozart; un Signore salta dalla bandella di un polittico nella stanza del pittore). Sappiamo che il Beato Angelico ha lavorato con Gozzoli agli affreschi della Cappella Niccolina di Roma, ma cosa c’entra Mozart? O forse è la Morte il collante? Bisogna aver ben presente il trittico degli affreschi dei protomartiri a cui i due pittori lavorarono per entrare almeno in una della stanze cabalistiche del testo di Linguaglossa (numero 33, gioco delle tre carte, le sette stelle dell’Orsa Maggiore, Marketstrasse n. 7). Vi sono anche elementi cosmici che arricchiscono il testo complicandolo, Beltegeuse, Enceladon, stella luminosissima la prima, satellite di Saturno la seconda e il sig. Cogito (ergo sum) dal piano cartesiano scrive proprio una cartolina indirizzata al satellite. Perché?
Vi è molto altro in questo testo, una ricchezza e complessità che richiedono uno studio capillare. Di certo la tecnica usata dal poeta è nuova ed inedita proprio per la sapiente mistura di elementi semplici e allo stesso tempo difficili, perché il poeta e critico “sa che non c’è più tempo, deve affrettarsi”, prima che la polizia segreta bussi alla porta: Gutentag Her Linguaglossa.
ricevo alla mia email e la trascrivo la email di Anna Ventura:
voglio iniziare l’analisi del testo non dai primi versi, ma dalla parte centrale(versi 29/35):
“Benozzo Gozzoli alla corte degli Estensi dipinge/un cardellino sul ramo di corbezzolo/ e fischia un motivo di Mozart,/sa che non c’è più tempo, deve affrettarsi,/il Beato Angelico lo ha chiamato a Roma /.”Per fare cosa?”,si chiede Benozzo,”Ancora affreschi,/polittici da altare, annunciazioni?”
A una prima lettura, i sei versi sembrano quasi estranei al contesto, ma non è così. La risposta annoiata di Benozzo traduce il suo dissenso dalle regole dell’arte imposte dall’alto, dai temi scontati, dalla bellezza consolidata dall’abitudine, che ha perso il vigore del dissenso; ma non sa che rischio sta correndo. Fuori dalla gabbia dorata della certezza, c’è ben altro: la terra battuta su cui risuona il passo dell’oca dei soldati, un nugolo di cani lupo attenti agli ordini di un aguzzino, le torrette che emettono sinistri fasci di luce ,il treno blindato che corre nella notte, carico di morti viventi.
Perché tanto dolore? Perché il Signor Cogito è tanto perseguitato? C’è un suggerimento che viene dalla Storia, oppure siamo nella terra desolata del malessere esistenziale?
Ma le “vaghe stelle dell’Orsa” stanno sempre lì, e nessuno le sposta: col loro splendore materno,col nitido disegno della bellezza assoluta; il Signor Cogito non può non vederle, quando siede sulla sedia rossa per contemplare l’infinito.
La poesia di Giorgio Linguaglossa è densa, complessa, giostra tra passato remoto, passato recente e futuro come se il tempo valicasse la Storia e gli eventi che la compongono.
E’ un intreccio di avvenimenti e di suoni,lievi quelli di Mozart che accompagnano i dipinti di santi e madonne e quelli cupi dei passi dell’oca e dei treni della morte. Ma come dice l’autore, le stelle dell’Orsa sono eterne immutabili e non solo il signor Cogito non può non vederle, ma neppure noi piccoli esseri destinati a morire.
Lidia Are Caverni
ricevo alla mia e-mail da Laura Canciani e trascrivo qui il suo commento:
caro Giorgio,
mi sembra che la tua recente poesia abbia messo da parte ogni ipotesi di verisimiglianza del “poetico” e si affidi interamente ad un procedimento de-letteralizzante, metta fuori della porta il cosiddetto contesto e introduca nella poesia una svariata quantità di elementi del “co-testo” sub specie di immagini le più disparate, richiami, accenni a personaggi (noti e ignoti), a circostanze e a luoghi i più disparati in questo modo la tua poesia diventa tanto più realistica quanto più abbandona ogni procedura del realismo ingenuo. Intendo con la locuzione realismo ingenuo la poesia italiana che va da “La ragazza Carla” di Pagliarani (1960) agli odierni epigoni del realismo topologico. Non c’è dubbio che quanto più la tua poesia si allontana da ciò cui siamo abituati ad aspettarci da una poesia (la sua riconoscibilità poetica), tanto più essa deve fare ricorso agli stratagemmi delle immagini e ai numerosissimi personaggi che si affollano in essa. Cosa difficilissima a farsi, ovviamente, che solo pochissimi poeti in Europa credo siano in grado di fare oltre Zagajevski e Transtromer.
Laura Canciani
ricevo alla mia email e trascrivo il commento di Mariella De Santis:
Giorgio, è una delle poesie più inquietanti che io abbia letto in tempi recenti.
E pertanto fa bene.
Nel testo si fronteggiano referenze di poetica complesse che contribuiscono ad accentuarne l’inquietudine che il tema porta.
Visione e interpretazione poi sono rare nel medesimo testo.
Ti ringrazio molto per la condivisione,
Mariella.