“Più Libri Più Liberi” 2013, una kermesse dai buoni numeri ma anche di transizione
“Più Libri Più Liberi” 2013, analisi a mente fredda e coi dati alla mano.
Si è conclusa la fiera dell’editoria di Roma “Più Libri Più Liberi 2013”, e a distanza di qualche giorno è opportuna qualche analisi.
Comprendere l’appuntamento romano non è facile, perché i dati possono essere fuorvianti più che altrove.
Non è possibile infatti sapere l’affluenza, dato il gran numero di accrediti e di pass. Non è possibile cogliere in pieno le statistiche sulle vendite, dato che queste sono misurate in genere sui grandi gruppi editoriali.
Il salone romano è inafferrabile e spiazzante per definizione. Molti infatti si meravigliano come una kermesse riservata alla media e piccola editoria possa ospitare case editrici come Sellerio, Elliot, Marcos y Marcos, E/O, Castelvecchi. Forse non tutti i lettori sanno che queste case editrici hanno un fatturato medio, a cominciare dalla conosciutissima Sellerio. Avere un paio di autori spesso nei vertici delle classifiche delle vendite nazionali non significa offrire un nutrito pacchetto di proposte per il grande pubblico, infatti ci sono case editrici decisamente meno note che proprio per motivi di fatturato superiore ai limiti previsti non possono partecipare alla fiera. Certo, le case editrici menzionate rappresentano il segmento alto di ciò che si definisce medio.
Amo in modo particolare “Più Libri Più Liberi”, perché permette di comprendere meglio cosa si muove nel sottobosco dell’editoria.
Un dato più acuto degli scorsi anni è vedere una parte degli stand affollatissimi e altri desolati, né si può dire – a parte le case editrici menzionate – che le une a discapito delle altre avessero mezzi più potenti. Questo significa una sola cosa, ovvero che ci sono case editrici che per freschezza e capacità di proposta sono molto più dinamiche e hanno la facoltà di rinnovarsi, anzi proprio una parte di esse stesse rappresentano una novità essendo nate da poco, mentre altre seguono delle linee editoriali che sembrano vetuste. La letteratura è arte, e come tale ha il ruolo primario di far scoprire al lettore qualcosa dentro e fuori di sé che egli non conosce o non sa di sapere. Quale senso può avere una piccola casa editrice che come lettore mi insegue spiegandomi che in quel dato libro c’è la prefazione di Saviano? O quella che va a rimorchio di un genere solo perché di moda?
Si è osservato come alcune realtà abbiano un catalogo che ha perso brillantezza, mentre altre cominciano a fare proposte decisamente più interessanti.
In questo contesto è stato un piacere osservare alcune imprese cresciute in pochi mesi, facendo già un raffronto ravvicinato con il Salone di Torino di maggio scorso.
Altre volte le case editrici dimostrano di non seguire adeguatamente i libri editati, i quali per affermarsi hanno bisogno di tempo, ancora di più perché si tratta di proposte nate in seno a realtà che necessitano di lavorare per entrare nell’immaginario collettivo.
In determinate circostanze sono le case editrici a non credere fino in fondo alle proprie proposte, causando un cortocircuito, altre realtà invece sono fin troppo selettive finendo per implodere.
L’editoria italiana, pettegola e un po’ troppo con la puzza sotto il naso, non di rado partorisce proposte nate secondo le migliori intenzioni che un qualsiasi lettore boccerebbe subito, sia quello colto o avanguardista che quello che ha una minore consuetudine alla lettura. Ciò riveste un aspetto particolarmente divertente! Di casi ne potrei citare a iosa e non per togliermi qualche sassolino dalle scarpe, avendole in questo ambito prive di intrusi organici e inorganici.
Non per partigianeria e “conflitto di interessi”, essendo io stesso un autore Ensemble, ma la casa editrice del centauro sagittario ha scoccato tante frecce che sono andate a segno, così come altre realtà hanno ottenuto encomiabile affermazione, di cui però non avendo dati certi preferisco non chiamare in causa. E’ bello sentirsi parte di una realtà vitale ed estesa chiamata editoria emergente (emersa!) e in crescita.
Quest’anno dato il successo dell’Intenational Book Forum di Torino, Roma stessa ha potenziato la right room, dove c’è stato un ottimo interscambio di proposte e diritti. Meno attive le case editrici italiane nell’offrire le proprie proposte, e non si capisce bene perché, dato che l’immaginario italiano è uno dei più amati del mondo, declinato in tutte le salse, dall’Italia patria del bello a quella del degrado, dalle storie che odorano del profumo del pane appena sfornato a quelle che ci avvolgono con la puzza dei rifiuti bruciati, dall’Italia dell’epopea migratoria a quella del trionfo del “made in Italy”.
Se continua così i cinesi o altri (presenti in fiera) creeranno uno scrittore italiano taroccato, magari, data la crescita spasmodica della chirurgia estetica in quel paese, tireranno fuori uno “scrittore italiano” secondo i canoni mediterranei.
Ottima la sala stampa, che ringrazio personalmente per avermi messo costantemente a disposizione i pc e altri supporti.
In sintesi è stata una fiera positiva sia nei numeri che nel rapporto con i lettori, ma anche interlocutoria verso un riposizionamento e una trasformazione delle case editrici con le relative pubblicazioni.
Immancabili e pressanti gli africani all’ingresso della fiera con i loro libri. Si sono “difesi” bene anche loro, facendo buoni affari vendendo testi che non avrebbero affatto sfigurato all’interno del Palazzo dei Congressi.
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