Perché la giornata della memoria?
Perché scrivere ancora sul Giorno della memoria? E in quale modo riuscire a centrare un argomento centrale alla ricorrenza? Bene. Le risposte alle domande poste all’inizio di questo minuscolo intervento, che nasce come insieme di riflessioni (appena cinque), arriveranno.
Punto 1 Il Termine
Innanzi tutto credo che bisogna concentrarci su alcune urgenti, e sorprendentemente, necessarie precisazioni: il Giorno della memoria riguarda esclusivamente la Shoah, termine che in ebraico indica la distruzione da non confondere con l’improprio Olocausto, parola etimologicamente greca, che in origine indicava la forma più retta di sacrificio al dio ebraico. Perché questa precisazione? Perché è necessaria, perché credo che la parola Olocausto, ormai per uso comune sinonimo della strage avvenuta nel secolo scorso sia assolutamente offensiva. In che senso? Linguisticamente il referente designato con tale terminologia viene elevato verso un qualcos’altro che non solo non è ma che nella sua natura intima è strettamente legato al divino, impropriamente definendo la Shoah come Olocausto si potrebbe quasi correre il rischio di giustificarla.
Punto 2 La data
I lettori più attenti avranno notato che ho tralasciato una questione appena sfiorata in apertura del punto 1 (riporto la frase): «il Giorno della memoria riguarda esclusivamente la Shoah». Insomma, il 27 gennaio è elevato a perpetua memoria di un solo massacro, di un solo genocidio, di una sola tra tutte le barbarie, per ciò che concerne i massacri a scopo etnico subiti dall’Italia è stato istituito su suolo nazionale il Giorno del ricordo (10 febbraio).
Ma perché proprio il 27 gennaio? Perché è il giorno in cui le truppe sovietiche dell’Armata Rossa entrarono ad Auschwitz rivelando la tragedia dei campi di sterminio.
Punto 3 Perché?
Probabilmente perché fu un genocidio tra i più grandi mai perpetrati e, probabilmente, perché i paesi europei (e quindi anche noi), chi più chi meno, ne sono irrimediabilmente responsabili.
Punto 4 La particolarità
Come detto al punto 3. La nostra responsabilità de facto, è piuttosto insidiosa. Noi ne siamo vittime ed al contempo ne siamo carnefici. Se dovessi pensare ad un altro massacro nel secolo scorso, difficilmente, si potrebbe pensare ad una persecuzione che riguarda i propri vicini, i medesimi cittadini di uno stato. Mi ricordo solamente del conflitto Jugoslavo, piuttosto recente, ma le motivazioni sono politiche più che etniche e soprattutto il genocidio dei Tutsi in Ruanda, ma paragonare le condizioni economico-sociali e politiche del Ruanda degli anni novanta (anche se odio e guerre ancora non sono domi) con l’Europa degli anni ‘30 del secolo scorso.
Punto 5 La memoria
Vi sarebbe davvero bisogno di questo intervento? (Ecco la risposta iniziale) vi sarebbe davvero bisogno che al Premio Laurentum 2012 venisse consegnato l’ennesimo premio ad un documentario, per altro ben girato, sul genocidio ebraico? Non vi sarebbe bisogno se la cultura fosse diffusa, non vi sarebbe bisogno se venissero davvero letti per bene alcuni testi patrimonio della nostra società da Anna Frank a Levi (solo per essere banale). Purtroppo tutto questo non c’è.
Punto Finale
Purtroppo tutto questo non c’è, e finché si continueranno a giustificare gli odi razziali, finché non verranno indirizzati i giovani ed i ragazzi verso il valore reale della cultura e del senso civico, morale e politico, finché il prezioso insegnamento dell’errore non verrà assorbito visceralmente affinché esperienze -che dovrebbero essere- traumatiche come la Shoah non si ripetano, il Giorno della memoria sarà necessario per non commettere l’errore più grande: cancellare completamente il passato.