“Notturni” di Ernst Theodor Amadeus Hoffmann
Recensione di “Notturni” di Ernst Theodor Amadeus Hoffmann, ripubblicato questi mesa da “L’Orma”.
Con i Notturni e gli Elisir del diavolo, la casa editrice L’Orma dà il via all’Hoffmanniana, l’ambizioso progetto supervisionato da Matteo Galli, ordinario di letteratura tedesca presso l’università di Ferrara, che prevede la pubblicazione, per la prima volta nella storia dell’editoria italiana, dell’opera omnia dello scrittore tedesco E.T.A. Hoffmann; un progetto che porterà sugli scaffali delle librerie dieci volumi nell’arco di cinque anni.
Il primo tassello di questa fondamentale iniziativa è costituito dai Notturni, la seconda raccolta di racconti elaborata e messa in commercio da Hoffmann tra il 1816 e il 1817, tradotti e curati dallo stesso Galli. L’apparato critico di cui si avvale la nuova edizione offre una serie di utili strumenti per orientarsi in una lettura solo esteriormente facile: a partire da una E.T.A.pedia di ventiquattro voci inerenti all’autore e alla dimensione storico-culturale nella quale è attivo, si prosegue con un denso saggio introduttivo; con la cronologia e la bibliografia critica; con i costanti interventi del curatore nel testo, marcati dalle note a piè di pagina; con la ragionata scheda iconografica di metà libro, nella quale trovano spazio sia le immagini di alcune opere (dal cinema al bozzetto alla fumettistica) direttamente ispirate a Hoffmann, sia una serie di capolavori pittorici facenti parte del bagaglio culturale dello scrittore romantico.
Del resto la pittura, e l’arte in generale, occupano una posizione centrale nell’economia dei Notturni. Si pensi alla figura dello sfortunato artista Berthold, protagonista de La chiesa dei gesuiti a G., interamente dedito alla ricerca di un’arte che sappia cogliere in profondità la natura elevando l’artista a uno stadio di superiorità assoluta; si pensi alle velleità letterarie del giovane Nathanael de L’uomo della sabbia, che vorrebbe trovare una solitaria cura alle proprie esperienze traumatiche mediante la scrittura; si pensi al pianista Theodor de Il maggiorasco o alla cantante Bettina de Il Sanctus. Hoffmann non perde occasione per piegare la narrazione in direzione di una riflessione nei confronti dei procedimenti creativi, inserendo segmenti metanarrativi o manifestando, attraverso le vicende dei suoi personaggi, una certa insofferenza contro alcune tendenze a lui vicine. Per quanto interamente calato nell’orizzonte romantico e per quanto il suo mondo notturno sia misterioso, indecifrabile, a stretto contatto con la follia e le lacerazioni psicologiche degli individui (che tanto piaceranno a Poe e a Dostoevskij), Hoffmann non cede al puro irrazionalismo, ma lascia spazio al momento diurno e alla critica verso quelle esperienze artistiche autoreferenziali o puramente estetiche di novalisiana memoria simbolizzate dalle figure di Nathanael e di Berthold, preferendo ad esse il fascino per la narrazione ambigua e oscura, per il carattere esitante (da intendere nel senso epistemologico teorizzato da Todorov) della parola fantastica. Il soprannaturale è così la materia prima necessaria per dipingere quell’enigmatico clima notturno in cui non è facile cogliere la realtà, anche quando entrino in gioco i perfezionamenti tecnologici teoricamente posti al servizio di un miglioramento della vita dell’uomo. In tal senso è impostata la polemica contro il razionalismo; «polemica, quella hoffmanniana, che giunge al termine del secolo dei Lumi, pervaso da una dilagante fiducia nella ragione e nei prodotti tecnologici della ragione e della scienza, adesso tramutatesi in veicolo di follia, in strumento di sopraffazione», come dice Galli. Sotto un’ottica del genere Hoffmann diventa antesignano di quella Dialettica dell’Illuminismo proposta da Adorno e Horkheimer nel 1947.
Galli, del resto, punta molto sul ruolo di precursore svolto da Hoffmann, arrivando perfino a riscontrare nella sua attività alcuni elementi riconducibili al postmoderno: la frantumazione del punto di vista narrativo e «l’interpolazione, l’interferenza, la commistione con prodotti provenienti dal segmento basso del campo letterario (best seller della letteratura d’intrattenimento, mode culturali, pratiche folkloriche) producono continui effetti di straniamento che non si possono non definire postmoderni».
Un nuovo Hoffmann dunque, tanto moderno da risultare addirittura postmoderno, si affaccia al panorama italiano portando con sé quel carico di fascino, di soprannaturale e di fantastico che si adatta ancora oggi con sorprendente agilità a tutti gli strati di pubblico, dai più esigenti ai meno avvezzi all’alta letteratura.