“La mucca volante” di Paolo Di Paolo
Recensione di “La mucca volante” (Bompiani, 2014) di Paolo Di Paolo.
Di certo arriva da molto lontano. “La mucca volante” di Paolo Di Paolo, per Bompiani, è trasmigrata dai cieli dell’immaginazione di un bambino alle carte della scrittura di un giovane adulto. Sappiamo questo non solo per esplicita ammissione dell’autore nella sua nota Il mio vero primo libro, che peraltro consigliamo vivamente di non trascurare, ma anche adottando un’ottica filologica. Nella sua opera d’esordio, “Nuovi cieli, nuovissime carte” (Empiria, 2006), Di Paolo all’interno di un racconto in cui chiamava a convegno tutti i personaggi e le storie che avevano popolato le fantasie della sua infanzia, lascia fare capolino anche alla mucca volante. Ed è il personaggio più consistente, pare, tra i suoi colleghi rimasti in sospeso. La mucca volante compare con un incipit e con un disegno a matita, felice, tra due nuvolette, con un fiore in bocca, in attesa, di saperne di più dal suo creatore.
Così, dopo circa dieci anni da quel primo abbozzo, e venti se iniziamo a contare dal primo bagliore fantastico che fece volteggiare la mucca volante, Di Paolo ha deciso di darle forma e lasciarla andare, consegnandola ai lettori.
La mucca è una specie di totem che si trasforma in energia per Leo, il piccolo protagonista della vicenda. La sorprendente apparizione di una mucca dalla pancia gonfia nel cortile della sua scuola elementare e la ancor più sorprendente e rapida scomparsa della stessa, fungono da propulsore per l’avventura che vivrà Leo. Naturalmente non da solo, a guidarlo ci sarà il nonno-mentore, a seguirlo una banda multiculturale di coetanei, e ad accompagnarlo Macchia, un cane in vece di fratello. Ma a sparire non è stata solo la mucca, tempo prima era già accaduto alla maestra Pompelmo, sulle cui tracce indaga un ex alunno affiliato alla banda dei più piccoli. La missione, perciò, è duplice.
Il tema portante di questo agile libretto è la morte e l’elaborazione del lutto dalla prospettiva dei bambini. Scoprire cosa c’è oltre le menzogne degli adulti, dietro il trauma del distacco e della perdita, permette di acquisire consapevolezza e maturità senza compromettere la leggerezza dell’infanzia, che spesso invece tende col tempo a opacizzarsi.
Non a caso il luogo fisico a cui i piccoli personaggi accederanno per scoprire la verità sulle sparizioni è un sotterraneo buio, simbolo necessario della profondità in cui bisogna scendere per poter fare luce e risalire. E l’ascesa, infatti, sarà lieve. Come un volo in mongolfiera, immagine della magia e dello stupore che ci ricorda una delle scene più belle di “Mandami tanta vita” (Feltrinelli, 2013).
Un accenno alle lettere, tema collaterale caro alla formazione e alla produzione di Di Paolo, compare tramite la mamma di Leo, postina che non recapita più corrispondenza.
Il confronto adulti – bambini premia i piccoli, anche se tra i grandi si salvano i nonni, presenti a oltranza nonostante l’assenza fisica.
Di Paolo, inoltre, che ci ha abituati a un paratesto delle sue opere sempre ricco e curato (fotografie, articoli di giornale, schizzi) in questa occasione ci offre delle illustrazioni originali a sua firma. Sembra trattarsi per lo più di matita o di tecnica mista matita e acquerello, con linee morbide e tratto giovane.
Ne La mucca volante, Di Paolo non restituisce uno sguardo nostalgico dell’infanzia ma la rielabora componendo una presentificazione di quel tempo che pare sfuggito. Sottotraccia insegue anche il filo di quell’età brillante, spensierata e sorridente dove tutto ha inizio. Di Paolo ha trovato la chiave per riannodare il nastro, sanare le cicatrici di oggi, cominciando da capo.
Chi è volante non sparisce, anzi rimane in ogni nostra scelta e parola. E allora: «Non datevi per vinti, su con il cuore!».