“Dora Bruder” di Patrick Modiano
Recensione di “Dora Bruder” (Guanda) di Patrick Modiano, premio Nobel per la Letteratura 2014.
Un nome è più di un semplice dato. Un nome è anche e soprattutto una storia. Come quella di Dora Bruder, romanzo di Patrick Modiano (premio Nobel 2014) pubblicato in Italia da Guanda nel 1998 e rieditato lo scorso ottobre. Si tratta di una storia dispersa che Modiano, negli anni ’90, recupera dalla centrifuga della Storia. L’occasione è fortuita, l’autore sfogliando un quotidiano intercetta un annuncio di scomparsa, “Si cerca una ragazza di quindici anni, Dora Bruder…”
In questo caso ci si aggirerebbe per le vie della propria città, Parigi, in allerta, facendo attenzione a rintracciare tra le adolescenti le fattezze con cui è descritta la giovane Dora nell’appello. Ma il quotidiano in questione è il Paris Soir del 31 dicembre 1941 e l’unica cosa che può fare un lettore – scrittore a distanza di 50 anni è ripercorrere Parigi alla ricerca di tracce tangibili che possano stimolare intuizioni.
La narrazione di Patrick Modiano procede in prima persona, per domande e ipotesi, districandosi tra uffici, prefetture e brogliacci, in cerca di indicazioni. I reperti scovati spesso sono definizioni, etichette. Vite stringate e inquadrate in casellari. “Manovale. Ex austriaco. Legionario francese. Non sospetto. Invalido al 100%. Prestatore d’opera straniero. Ebreo.” Questo, per esempio, tutto quello che per la questura era il padre di Dora, Ernest.
Attraverso le informazioni succinte degli archivi, la voce narrante riesce a scandire gli eventi della vita di Dora: ingresso in collegio nella primavera del 1940 e fuga nell’inverno del 1941, rientro a casa in una nuova primavera, quella del 1942. I mesi della fuga sono il cuore del romanzo, affascinano l’autore e stupiscono il lettore. Quella di Dora è una protesta alle condizioni imposte, una sfida inconsapevole al timore e alla miseria della speranza di quei giorni degli anni ’40. L’autore prova a confrontare la propria giovinezza con quella di Dora, a evocare i sentimenti e i desideri di quell’età incandescente in cui si ha “la sensazione di galleggiare in aria”. Modiano incrocia così vari piani temporali: gli anni ’40 di Dora che sono gli stessi del padre ragazzo dell’autore, gli anni ’60 della propria gioventù e il rapporto controverso con il padre non più ragazzo e gli anni ’90 della contemporaneità della narrazione e dell’indagine a ritroso. Attraverso la scrittura l’autore riesce nell’operazione non facile di allineare i tempi e farli correre in parallelo.
La ricostruzione del rapporto di una ragazza, lontana nel tempo seppur vicina nel sentire, con la propria famiglia è anche una chance per ripensare al legame col proprio padre. Un tentativo di sbrogliare la matassa delle incomprensioni e degli affetti che, se da vicino si deformano, a distanza assumono contorni più nitidi. Modiano compie un’opera di sottrazione al silenzio, restituendo bagliori anche di altre vite, come quella degli scrittori Friedo Lampe, Felix Hartlaub e del poeta Roger Gilbert –Lecomte. E ancora altri nomi di esistenze altrimenti sigillate dal silenzio. Come Esther Sterman, per esempio, coetanea di Dora che condivide la sua stessa sorte nell’agosto del 1942, nel centro d’internamento delle Tourelles, prima di essere deportate entrambe nel campo di Drancy.
Parigi, infine, non funge semplicemente da fondale per la storia, è la referente preferita dell’autore. Una città protagonista su cui si stratificano giovinezze e passaggi.