Millennium People: la proletarizzazione del ceto medio e la Rivoluzione Borghese di Ballard
Recensione di “Millennium People” di James Graham Ballard.
Eppure gli indizi c’erano tutti, me ne accorsi veramente bene solo alcuni anni fa. Passeggiavo con due amici, lei programmista per conto della Rai, lui ingegnere delle telecomunicazioni presso la Lucent. In quel periodo ero un modesto impiegato in un contact center che rimediava collaborazioni con ritenute d’acconto come redattore e articolista presso varie testate. Inoltre avevo realizzato un paio di documentari. Insomma, più o meno come adesso, escludendo il contatc center, ma aggiungendo il fatto che adesso faccio anche “il scritore”…
Passeggiando si cominciò a parlare delle nostre professioni, degli stipendi… Con meraviglia e un po’ di fastidio i due amici riscontrarono che i miei guadagni non erano molto inferiori ai loro emolumenti. Un impiegato di quarto ordine e scribacchino può guadagnare e vivere come e meglio di un decorato baccalaureato? La risposta è sì, forse anche di più. È un fenomeno che si chiama “proletarizzazione del ceto medio”, che di buono ha il fatto che tutto quello scemenzario fatto di sentirsi di “più”, prima o dopo di altri nella classifica della riuscita borghese se ne sta andando a farsi fottere definitivamente. Fermo restando che sarebbe giusto che chi ha investito maggiormente e meglio sulla propria professione abbia adeguate soddisfazioni, che però non siano espressione dell’edificazione di una sorta di posticcia e demodé rispettabilità. Il proletariato borghese è la nuova classe sociale, nata dal grande “botto” di questi anni, e che spesso risulta – più del proletariato classico – facilmente orientabile. Per esempio le librerie spesso sono rivolte al proletariato borghese, mentre il proletariato operaio tendenzialmente è più libero, fuori dagli schemi, ma meno appetibile per gli “oriented marketing” del libro, tanto per fare un esempio a tema. Fatto sta che i proletari della borghesia oggi sono una classe sociale vessata da turni massacranti, divisa tra dovere e protesta al fine di rimanere a galla per conservare il posto di lavoro.
Il romanzo di Ballard trae spunto da un atto terroristico dove perde la vita l’ex moglie di uno psicologo, il quale si trova a indagare nei meandri di quella “rivoluzione delle villette” o dei “dignitosi condomini”, che è uno dei fenomeni dei nostri giorni. Una rivoluzione fatta di flash mob, di sit in, di girotondi… di Facebook…
Da redattore incravattato ho affrontato alcune fenomenologie e a un certo punto ho incontrato alcune difficoltà. Contro chi o contro cosa protestano determinate persone? La domanda ha germinato dentro me, a fronte di una certa discrasia tra la radicalità delle proteste nei riguardi di opere discutibili o meno come ferrovie, strade, autostrade – alcune volte ben motivate altre volte francamente molto meno – e il “danno” effettivo. Si noti: naturalmente molti operai non sono certo contro l’edificazione delle opere pubbliche o private che siano, le quali naturalmente divengono sovente un coacervo di interessi e imbrogli. Ebbene, a un certo punto ho avuto “l’illuminazione”: la gente protesta contro una perdita di senso! Non trova il senso della propria esistenza e giudica la propria vita povera di qualità, di emozioni, di bellezza. Non si ritrova in un modello economico e sociale. Si faccia attenzione però… molta gente chiede “senso” ma non è proattiva nel produrlo. È una cosa della quale bisogna tener conto: bene o male si tratta di incubati dei centri commerciali che pensano di fare una cosa buona e giusta quando comprano cioccolato peruviano invece che della nestlè, dimenticando un discorso di fondo, e cioè che c’è una grande parte dell’economia che è fuori dai giri della grande distribuzione e che se si vuole si può acquistare al mercato coperto dei produttori agricoli come e meglio che in qualsiasi negozio a km 0. L’ingenuità del proletariato borghese è proverbiale, e chi come me è troppo aristocratico e troppo operaio vede sempre un po’ gli individui di questa nuova classe sociale come se fossero dei “dormienti” stile Matrix: io compro “equo e solidale” da sempre, senza alcuna nomea di questo o quel negozio. Certo, sostengo e apprezzo anche le catene di questo “marchio”, ma chi si adopera in tal senso non offre un buon indizio di cambio di mentalità. È un po’ come la questione dei “parchi”: il rispetto della natura è a prescindere, tutto è un parco, l’uomo non dovrebbe essere un elemento estraneo e al contempo dovrebbe interagire con rispetto nel suo ambiente. L’idea di costruire delle isole a dispetto di una società che deturpa non è un buon modo di pensarsi. L’oasi naturale senza il rispetto per ciò che non lo è diviene poca cosa.
Ora, per Ballard la rivoluzione borghese è destinata sempre a rientrare nei ranghi, perché nessun borghese in fin dei conti è disposto a forme di lotte radicali tali da rinunziare a gas, luce, beni e servizi direttamente e indirettamente mossi dall’economia di mercato.
Verso cosa si va? Verso nuove consapevolezze, nuovi modi di orientarsi, se va bene, dico io. Ballard parla di Chealsea Marina, ma in Italia siamo in grande ritardo, su tutto, persino nella consapevolezza degli scenari che Ballard offre ai suoi lettori. Con tutto il rispetto è tempo di agire ora, di essere adesso motore di qualcosa di nuovo, senza starnazzare, in modo efficace e silenzioso.
Un altro tema di Ballard è la condizione dell’incidente. L’insensatezza e banalità di un incidente che cambia la propria vita, e la ricerca di senso in questo. La perpetuazione di uno stato di seminfermità anche quando si è superato il trauma automobilistico (o simile) è una protesta contro l’universo, che ha necessità di trovare un senso a tutto, e rappresenta anche la ricerca di un terreno di solidarietà con chi si trova nelle stesse condizioni, attraverso la continuazione di uno stato convalescente. L’incidente diviene quella cella dell’esistenza dove incontrare e conoscere altre persone, vivere, innamorarsi, fare sesso. Si cammina per le strade di Roma o Lisbona, e così, senza un motivo apparente, magari per una banale distrazione, si finisce sotto le rotaie di un filobus, e la vita cambia per sempre o per un periodo determinato, da affrontare molto duramente. Eppoi parte la ricerca di una ragione a ciò che è capitato.
Per alcuni protagonisti di Ballard la vera ricerca di senso, la vera protesta sta nell’insensatezza, perché l’atto terroristico insensato è una protesta contro il mondo che ha necessità di organizzare e riporre tutto in un rapporto ben definito. Non posso dire di non trovare interessanti le provocazioni di Ballard, ma in talune conclusioni ho idee molto differenti. Tuttavia quelli che non credono a un senso nell’esistenza cosa avrebbero quindi da protestare per i gesti insensati? L’insensatezza è il “credo” di Robert Gould, carismatico e pazzo protagonista di una parte dei rivoltosi.
Ballard è abile nello scavare e nell’ironizzare sui miti borghesi, cosa che io ho fatto, modestamente o meno, sui miti della cultura impiegatizia (pubblicità progresso), quindi è stata una bella scoperta questo autore.
I limiti di Millennium People stanno in una traduzione non proprio eccellente e in delle qualità descrittive non sempre efficaci, in dialoghi non del tutto comprensibili o fluidi, mentre le introspezioni sono intriganti. Per il resto, come altri, lo scrittore mescola bene la forma letteraria del saggio alla narrativa classica, ancor di più ne Il Mondo Sommerso, il suo esordio.
Un proposito per il 2013 e gli anni a venire? Se si dice che siamo entrati in un nuovo ciclo cerchiamo di esserne protagonisti, boicottando i nostri pregiudizi e falsi schemi mentali. Essere il nuovo, esserlo davvero.
Articolo esaustivo, interessante e…..ironico. Sulla traduzione non saprei, ma Delfina Vezzoli è in gamba……forse Ballard non è sempre fluido.
Confesso di non conoscere Ballard, ma leggendo il pezzo viene voglia di leggerlo, metterò il libro in wl. Delfina Vezzoli l’ho conosciuta. E’ una persona che sa molto su traduzioni letterarie e problemi che si presentano quando si traduce un romanzo.