“Il mare e il sale” di di Simonetta Paroletti: la tessitura di una moderna Penelope
Recensione di “Il mare e il sale” (Arduino Sacco Editore), raccolta poetica di Simonetta Paroletti.La silloge di Simonetta Paroletti è veramente deliziosa. Un gusto naïve, ma niente affatto banale. Le poesie sono di fruizione rapida, lavorano piacevolmente nella mente e nella psiche del lettore.
“La sensibilità è una croce o ti uccide o ti salva, sicuramente non ti lascia sopravvivere. A volte ti fa rinascere dopo essere morto…” Eh, già, come non essere d’accordo. Un artista muore e rinasce molte volte nella vita.
La metrica dell’autrice sembra mutuata da un certo gusto musicale, pur essendo pura poesia nella sua aggettivazione, e sembra riconoscere strofe riconducibili ad un orecchio aduso alla musica leggera o al rock (Ti ho cercato, L’attimo perfetto, A mio padre), in altri versi riconosciamo limpide espressioni dell’arte del verseggiare, fino a un certo gusto umoristico, come nella divertente “La poesia dei nasi”.
Il mondo della Paroletti ruota attorno a determinati cardini. Innanzitutto ci viene ricordato come le poesie siano state scritte in tempi e situazioni diverse, ma non mi preme sottolineare ciò. All’origine dell’esigenza letteraria c’è l’amore perso, l’amore consunto. Un amore che avrebbe potuto trovare sbocchi e situazioni diverse. Un amore giovane, denso di musica, di possibilità non afferrate (lui), di separazione dolorosa e costruttiva (lei), che ha lavorato per lungo tempo nella sua psiche, in modo silenzioso, fino a generare un nuovo equilibrio.
La poetessa ha un gusto gusto per il quotidiano, la natura, gli ambienti e gli spazi che interagiscono sempre con noi. In Api da miele ci svela una certa identità femminile: “Fare e disfare – fare e disfare – schiave del tempo – e dei desideri – senza finire – ricominciare – senza fermarsi – senza guardare. Svuotiamo il mare – coi nostri secchi – spegniamo il cielo – coi nostri tocchi (…)”.
Ovviamente il mare sembra avere nella silloge una certa prevalenza: mare come libertà, come immersione nell’infinito e nella sua bellezza. La poetessa comunque non è una donna di mare, la sua visione poetica predilige l’acquerello, la solitudine positiva, la quiete domestica, il dimettersi per qualche istante dai panni di madre, lavoratrice e moglie per avere del tempo solo per sé. Molti si ritroveranno negli spunti poetici che offre il mondo visto dal finestrino di un treno, di un bus, o dall’interno della metropolitana, dalla finestra di una casa di montagna, da una sala d’aspetto. Veri luoghi “creativi” della modernità, dove spesso si diviene punto di intersezione e di assorbimento della vita che ci circonda. Ma anche luoghi dove ritrovarsi, aprire lo scrigno del tempo che è stato per vivere il tempo che sarà, perché “Raccoglierò conchiglie di luce sulla spiaggia dei miei ricordi (…)”. È vero che l’autrice predilige gli scenari naturali per la sua poesia, ma è pure evidente che lo sguardo è quello metropolitano, o di chi comunque viaggia o ha viaggiato per studio e per lavoro, nell’area milanese fino ai venti anni e poi a Roma (l’autrice è nata nella capitale negli anni sessanta).
Il mondo fatto di tepori e avvenimenti domestici è certamente un polo d’ispirazione importante: “L’attimo perfetto è quando sono qui – e non vorrei essere in nessun altro posto , quando guardo il presepe nel camino – e sento il ticchettio dell’orologio. Quando riesco a fermarmi – e a sentire il respiro dei vostri sogni. L’attimo perfetto è una corrente che passa quando ci sfioriamo e non diciamo niente – perché sappiamo già tutto.”. Penso in tal modo anche a componimenti come La mia casa.
Un grande amore, come accennato, è la musica, che fa capolino qua e là in tutte le sue poesie, ma è la saggezza di una moderna Penelope che ci canta“Cosa voglio da te? Il mare. Cosa voglio dalla vita? Il sale. E dalla notte? La calma del cuore”, tanto per fare un esempio. In “Dall’altra parte” si ritorna sul mondo dei sogni – motivo ricorrente dei suoi componimenti – come luogo di incontro, nel senso più ampio del termine, ma come donna antica e moderna non manca di suggerire la completezza e l’armonia del femminile in Papaveri: “(…) Come faccio a spiegarti la sofferenza? Ma il mondo gira e gira la pioggia. Tutto troverà il suo posto quando non ci crederai più (…)” .
Simonetta Paroletti vive e lavora tra Roma e Viterbo. Ha pubblicato Il Mare e il Sale (Arduino Sacco, 2011), Il respiro dell’inchiostro (Arduino Sacco, 2012). Attualmente sta componendo la sua terza silloge.