“Maltempo” di Mariolina Venezia
Recensione di “Maltempo” (Einaudi, 2013) di Mariolina Venezia.
Torna, con un nuovo romanzo, Mariolina Venezia e tornano le indagini di Imma Tataranni, pubblico ministero della Procura di Matera, già “conosciuta” in Come piante tra i sassi.
Non passa di certo inosservata la nostra eroina: abiti appariscenti – e accostamenti di colori improbabili – tacchi vertiginosi che dovrebbero sopperire alla carenza di centimetri e un caratterino per nulla docile e accomodante. Proprio questo carattere, comunque, le permette di risolvere anche i casi spinosi come quello della giovane Donata Miulli che viene uccisa dopo aver tentato di rivelare alla Tataranni alcuni particolari sugli accordi per le estrazioni di petrolio in Basilicata, coinvolgendo un noto politico e altri personaggi influenti.
Per far luce su questo tremendo omicidio non solo dovrà girare per tutta la regione – Donata viene ripetutamente avvistata in vari paesini dopo la sua morte – ma anche andare a Roma, dove ritroverà il fido appuntato Calogiuri di cui è platonicamente infatuata: scoprirà una rete di segreti, complicità e corruzione che la metterà in seria difficoltà; nel vocabolario di Imma, però, non esiste la parola rassegnazione per cui tutti i tasselli di questa triste storia andranno, alla fine, al loro posto.
Oltre ad una scrittura estremamente personale – asciutta, ma ironica e piena di colori (ci sono ad esempio alcuni intercalari tipicamente locali o frasi in dialetto che contribuiscono a rendere il linguaggio più vivo senza appesantirlo, anzi, rendendolo molto divertente e caratteristico) – Maltempo offre anche tantissimi spunti riflessione: dall’omologazione imperante nel mondo odierno (“Un tempo c’erano le bruttine, le carine, le belle, le brutte, le bellissime, le bruttissime. Ora invece, come le mele, le ragazze si somigliano tutte…”) alla “malapolitica” fino ad arrivare ai problemi dei giovani disoccupati e alla necessità, soprattutto per giovani del Sud, di emigrare. Donata, infatti ha lasciato la sua terra d’origine per studiare e vi è ritornata per cercare un’occupazione, mal lì non riesce a realizzarsi come sogna. Nonostante questo è fortemente intenzionata a viverci, a impegnarsi perché le cose cambino e la sua denuncia ha proprio questo scopo: contribuire a costruire un ambiente più giusto. Una delle frasi più toccanti del testo è una sorta di motto in cui la Miulli crede fortemente: “Perché voi, oggi, avete capito che andarsene non è un privilegio, come vi hanno fatto credere. È una fregatura” (chi vive le stesse situazioni non può non soffermarsi a pensare al significato profondo di questa frase).
E arriviamo così a vedere come questa terra tanto amata dalla ragazza uccisa, ma fonte di tante amarezze, viene “raccontata” dalla Venezia: la Basilicata è descritta in tutte le sue sfaccettature (senza immagini da cartolina, però) con i suoi sapori, i suoi paesaggi, le sue tradizioni, i suoi difetti e la sua voglia di progresso (nel bene e nel male).
“Un tempo la Basilicata, o Lucania, la gente non sapeva nemmeno dove stesse, tranne qualcuno che aveva letto Cristo si è fermato ad Eboli. C’erano voluti gli americani per scoprirla: si può dire a tutti gli effetti che la regione avesse cominciato ad esistere a tutti gli effetti dopo che Mel Gibson ci aveva girato The passion” dice la Tataranni in modo volutamente caustico e ciò sottolinea la volontà di evitare qualsiasi stereotipo. E lontano da ogni stereotipo, come abbiamo già avuto modo di notare, è chi pronuncia queste parole, una donna normale e speciale al tempo stesso, volitiva, intuitiva (anche se odia l’intuito femminile), pungente, scomoda, dissacrante ma che suscita un’immediata simpatia nel pubblico (di certo non, nel libro, in chi lavora con lei). Un personaggio che vedrei davvero bene (e non sono l’unica a pensarlo) in una serie televisiva.