“Macedonia – La letteratura del sogno” A cura di Anastasija Gjurcinova
Recensione di “Macedonia – La letteratura del sogno” antologia di autori macedoni a cura di Anastasija Gjurcinova (Besa, 2013).
Essere dentro un sogno, viverlo e fare in modo che esso diventi la nostra guida, l’espressione più autentica per spiegare la realtà. La grande ombra di un grande sognatore e propulsore dell’ellenismo come Alessandro Magno si proietta fortemente nella coscienza collettiva dei macedoni, fino a divenire essa stessa icona e allegoria di un modo di avvertire e vivere la realtà, e soprattutto fonte di una sottile visione insieme antica e moderna. Tuttavia a parte ciò non è opportuno approfondire la figura del grande condottiero e conquistatore, che fu anche tiranno. Una terra, la Macedonia ricca di storia e di cultura. Uno stato nato dalle ceneri della ex Jugoslavia. Una piccola isola dei Balcani ma davvero con un grande letteratura, poco conosciuta specialmente in Italia. Non è un modo di dire, tanto per puntare un faro su qualcosa di misconosciuto.
Eppure non pochi autori macedoni svolgono attività culturali importanti in tutta Europa e spesso sono tradotti in varie lingue.
Il libro Macedonia – La letteratura del sogno (a cura di Anastasija Gjurcinova) ci propone una panoramica importante di diversi autori nati sotto la bandiera del sole dagli otto raggi, attraverso estratti dei loro romanzi o racconti, oppure – nel caso della poesia – proponendo un componimento poetico di ciascun autore menzionato.
Riserva qualche sorpresa il sottotitolo La nuova letteratura macedone (1991-2011), perché in realtà – seppur come spiegato nella prefazione – il sintagma “nuova letteratura” può significare cose diverse, il periodo proposto di solito suggerisce un’indicazione anagrafica degli autori che si presumono nati dagli anni settanta in poi, invece il bel testo ci offre delle elaborazioni che sono si inerenti a questo ventennio, ma in genere di autori cresciuti e maturati come tali nel contesto della federazione Jugoslava. Ciò di certo non diminuisce l’interesse, anche perché si tratta di autori che meritano approfondimenti, e le piccole biografie presenti nel libro ci aiutano a ricostruire i loro percorsi.
Si diceva della dimensione onirica della letteratura macedone, che è poi un tratto fondamentale della letteratura, la quale da sempre – evitando l’appiattimento su mere descrizioni -, attraverso l’esplorazione delle dimensioni dell’essere ci porta a una nuova conoscenza e a una comprensione umanistica profonda e accattivante. Tuttavia mi sembra di aver colto alcune altre caratteristiche distintive ben precise. Una connotazione certa è che la letteratura macedone riproduce una mitopoiesi di origine ellenica, anzi proprio per certi versi tale aspetto è più spiccato che altrove, anche in modo palese come nel caso di Alessandro e la morte, un romanzo di Slobodan Mickovic.
Pare significativa anche l’adesione a un discorso di intertestualità e citazionismo, a percorsi inconsueti che sono in qualche modo legati ai grandi personaggi del passato, ne è un esempio non solo il romanzo precedente, ma anche Conversazione con Spinoza di Goce Smilevski, autore dell’acclamato La sorella di Freud.
Mitopoiesi traslata in contesti socio culturali vicini a noi, nonché storici – che proprio per questo ci appaiono altrettanto stimolanti -, è quella riscontrabile in Il cofanetto di Slavko Janevski, nel quale si richiamano certe apparizioni o esperienze che si palesavano a chi apriva scrigni o varcava soglie vietate, mentre Il Cannocchiale di Luan Starova ripropone una sorta di Itaca nel vissuto di una famiglia esule. Un sogno a rovescio ci offre una dimensione onirica nella leggenda di due fidanzati, mentre un Cupido dispettoso irrompe nella vita di due coniugi in Amore, il birichino di Jadranka Vladova. Il Gulliver di un piccolo regno in Portento di Ermis Lafazanovski ci prospetta più chiaramente un altro tratto distintivo, cioè il legame a una certa altra mitopoiesi, ovvero quella rurale, della montagne e delle valli di quei luoghi; mitologia agreste, leggende pregne della cultura sociale e religiosa di quei luoghi, permeati dalla cultura ortodossa e anche dall’influenza delle leggende slave. Molto bello in tal senso La morte di Eftihij di Venko Andonovski, in cui agli inizi del 1300 un maestro di icone viene minacciato nella sua arte da un commerciante che, attraverso la “magica” invenzione della carta, vende al popolo del villaggio, la riproduzione delle icone dell’artista, ma le cose prenderanno la via di un certo epilogo.
Come presumibile è forte anche una certa influenza della letteratura slava, intendo dire quella più connessa a un immaginario mitteleuropeo o russo, direi kafkiano o cechoviano, le cui propaggini sono rintracciabili qua e là, come per esempio nel caso del drammaturgo russo in Due case di Aleksander Prokopiev, dove due differenti episodi di sacrifici di volatili sono riconducibili a una stessa radice, quella dell’infanzia, la quale ha sempre almeno un piccolo episodio cruento che la attraversa per divenire successivamente una piccola ferita nel corso della vita, oppure in Brillantina di Zoran Kovacevski, nel nostalgico La neve a Casablanca di Kica B. Kolbe o nei racconti di Mitka Madzunkov. E poi l’espressionista Il Portalettere di Dragi Mihailovski, il metafisico Il nastro di Möbius di Dimitrie Durazovski; il bergmaniano Chaturanga di Krste Cacanski; il più surreale dei racconti è La mia amica A. di Olivera Kjorvezirovska, tutti più o meno pervasi da una vena onirica come si suggeriva.
Il tema della morte è significativo, frutto anche questo dell’elaborazione dei miti del passato in forme, se non del tutto originali, certamente autentiche e ispirate, mai banali o scontate. Fondamentalmente nel fondo di ogni macedone c’è una morte per antonomasia, quella di Alessandro, non in senso necessariamente patriottico ma come archetipo.
Altra influenza significativa è la cultura albanese, dato che trattasi della più grande minoranza nella regione e parte strutturale dello stato macedone. Non pochi valenti scrittori dell’area sono di origine albanese.
Le poesie sembrano essere influenzate dall’imagologia esposta, e il libro in questione ne propone degli ottimi esempi, con una più spiccata propensione al mondo delle tradizioni e della natura.
Non è però del tutto esatto affermare che la letteratura macedone rappresenti un esempio di ibridazione dovuta alla connotazione storico-geografica. Voglio dire che ovunque ciò che oggi si chiama tradizione ieri è stata avanguardia, transculturazione (concetto già di per sé poliedrico, che può voler dire diverse cose), mescolanza.
La realtà della letteratura macedone è molto interessante, non tanto per il suo essere avanguardia di linguaggio e contenuti, novità stilistica e contenutistica (almeno non fino adesso), ma invece proprio per questa sua condizione baricentrica e al contempo paradossalmente conservativa, collegata al mediterraneo e all’Europa continentale, essendo la regione una sorta di isola raggiungibile da tutti ma anche dalla non consueta transitabilità. In un certo senso qui le forme letterarie assumono uno stato di “vitale decantazione”.
La Macedonia è una realtà ossimorica, che ha elaborato in modo completo e tradizionale vari stimoli letterari presenti nel contesto euroasiatico. L’aspetto più interessante è che qui più che altrove si respirano nei testi influenze dirette, immediate. Chi può essere Mediterraneo ed Europa continentale, sud e nord, est e ovest? Nello stesso modo, senza che un aspetto imagologico prevalga sull’altro? Poche patrie diverse tra loro, tra cui l’Italia per esempio. E proprio per questo la Macedonia letteraria (curioso ma rivelatore sintagma!) sembra essere un esempio concreto in tal senso, privo di voci sgradevoli o cattive mescolanze. E’ un luogo letterario vicino a chiunque, davvero molto coinvolgente.