Leone D’Ambrosio vince il Metauros
Leone D’Ambrosio vince il premio letterario Metauros con il libro “Ordinate stagioni” (Ensemble).
È il poeta di Latina Leone D’Ambrosio il vincitore del Premio Metauros 2015, il concorso letterario nazionale, giunto alla sua V edizione, organizzato dall’Università Ponti con la Società di Gioia Tauro, di cui è presidente il Prof. Rocco Giuseppe Tassone. La giuria presieduta dalla Prof.ssa Elisabetta Pezzimenti ha deciso di assegnare il primo Premio alla raccolta di poesia “Ordinate stagioni” di Leone D’Ambrosio edita dalla casa editrice Ensemble di Roma e che vede la prefazione di Maria Luisa Spaziani e una nota critica di Eraldo Affinati. In questa raccolta, vi sono, inoltre, le testimonianze critiche di Jean-Charles Vegliante, Davide Rondoni, Paolo Di Paolo, Elio Pecora e Antonio Riccardi. Il libro suddiviso in due parti “In tua memoria” e “Ninfa inattesa”, raccoglie ottanta liriche dedicate alla madre. “Leggendo i versi commossi (aggettivo per difetto) che Leone D’Ambrosio dedica a sua madre, ho offerto all’amico poeta il massimo riconoscimento possibile: l’identificazione simpatica o simpatetica con quel suo sentire specifico. Mi ero messa, insomma, sulla sua stessa lunghezza d’onda, ritrovavo le ore della morte di mia madre, le sue parole erano le mie, a lampi sua madre era mia madre.” È quanto si legge nella bella prefazione di Maria Luisa Spaziani, la grande amica e poetessa italiana scomparsa lo scorso anno. Alla Spaziani, infatti, D’Ambrosio, ricercatore in italianistica all’università di Roma Tor Vergata, ha dedicato recentemente un saggio-interviste dal titolo “Il fuoco sacro della poesia” edito dalla stessa casa editrice romana. Nella sua interessante e corposa nota critica, poi, Eraldo Affinati mette in risalto il “pensiero dolente” di Leone D’Ambrosio: “Forse soltanto i poeti, continuando a lavorare alla maniera di ostinati artigiani sullo stesso pezzo di legno, chini e solitari ma consapevoli di parlare a nome di chi non sembra in grado di farlo, possono ritrovare il coraggio di ricordare a tutti noi, alzando il dito verso vecchie e nuove ferite, l’idea degli antichi: la comunione dei vivi e dei morti.”