L'allegria è il mio elemento: 300 lettere tra Piccioni e Ungaretti

L’allegria è il mio elemento: 300 lettere tra Piccioni e Ungaretti

Raccolte in volume, “L’allegria è il mio elemento” (Mondadori), le trecento lettere tra Giuseppe Ungaretti e Leone Piccioni.

Leone Piccioni, è senza dubbio, il più grande conoscitore, il maggior critico di Giuseppe Ungaretti. D’altronde la poesia di Ungaretti è stata una delle sue passioni predominanti. Figlio di un importante politico Dc, Attilio, nasce a Torino nel ’25 e cresce proprio alla scuola di Ungaretti e di Giuseppe De Robertis con il quale si laurea con una tesi sulle “Dieci canzoni di Giacomo Leopardi” e alla carriera universitaria affianca quella giornalistica, tanto da essere stato sin dal ’45 e per molto tempo, curatore e fondatore di importanti riviste culturali come “L’Approdo letterario”, “La Discussione”, “Prospettive nel mondo”, per poi diventare direttore della Rai. È proprio in quegli anni, da quando da Firenze si trasferisce a Roma, che Piccioni diventa un interlocutore privilegiato con il poeta dell’Allegria, curando nel tempo una serie di libri, come Giuseppe Ungaretti. (Marzorati, 1963), Vita d’un uomo. Tutte le poesie (Mondadori, 1969), Conoscere Ungaretti (Mondadori, 1971), Album Ungaretti (Mondadori, 1989), Vita di Ungaretti (Rizzoli, 1979), Ungarettiana. Lettura della poesia, epistolari inediti (Valecchi, 1980), Ungaretti e il fascismo (Edizioni Scientifiche Italiane, 1995), un saggio in cui spiega, prima di tutto, che il poeta non ebbe mai vantaggi per la sua dichiarata scelta politica: “Gli amici, francesi e italiani, che andavano a trovarlo, notavano che nella stanza in cui si intratteneva con loro, c’erano diverse catinelle sparse per terra per raccogliere l’acqua che filtrava dal tetto quando pioveva. Ecco, dunque, come Ungaretti approfittò del Fascismo.”

A questi volumi, e al vendutissimo “Meridiani” Mondadori (2000), circa quattromila pagine in quattro volumi, si aggiunge, ora, l’uscita di un carteggio, intimo e colloquiale, tra Ungaretti e Piccioni, dal titolo Giuseppe Ungaretti. L’allegria è il mio elemento (Mondadori, 2014), trecento lettere, scritte tra il 1946 e il 1969, (duecentocinquanta di Ungaretti e cinquantuno di Piccioni)per la cura di Silvia Zoppi Garampi e con una testimonianza dello stesso Piccioni. L’epistolario testimonia un legame durato quasi un quarto di secolo e chiuso solo dalla morte del poeta, avvenuta a Milano nel 1970. Il legame tra Ungaretti e Piccioni, è come quello tra un padre e un figlio. Il loro è un rapporto di confidenza e di amicizia che non sarebbe mai venuto meno. Nelle sue lettere Ungaretti (“Ungà” come lo chiamava Bruna Bianco, la giovane italo-brasiliana che gli fu vicina negli ultimi anni, dopo la morte della moglie Jeanne) rivendica le competenze per l’insegnamento alla cattedra di Letteratura italiana moderna e contemporanea all’università di Roma da cui viene sospeso, condivide strategie per la candidatura al premio Nobel e per la nomina a senatore a vita. Il poeta chiede a “Leoncino” (come si legge affettuosamente in alcune lettere) l’intervento del padre “ministro”. Tra i due letterati, tra l’allievo e il maestro, si è consolidato un legame costante, fatto di rispetto, di affetto e di approfondita familiarità. Leone Piccioni diventa così il depositario delle sue più segrete confidenze. “Caro Leoncino, […] Sono stato a Firenze, avrai ricevuto la cartolina. De Robertis ha scritto e mandato all’Accademia Svedese l’acclusa lettera. Secondo il regolamento dell’Accademia, da quel momento, cioè dal 1 giugno, è formalmente posta la mia candidatura al Premio Nobel. Altre lettere potranno essere utili, ma sono superflue. Ora è necessario che il Ministro degli affari chieda al nostro Ambasciatore di appoggiare nel modo più abile la mia domanda.”

Dunque, la pubblicazione di questo carteggio porta a conoscenza oltre vent’anni non solo di vicende personali, di dispute e di persecuzioni accademiche e letterarie, di riflessioni sulla poesia, ma anche di storia culturale italiana; il tutto riletto attraverso gli occhi di Ungaretti, che con Piccioni spesso si sfoga, con toni a volte impetuosi e indignati ma vibranti di personale ironia. Pertanto, se Ungaretti dichiara: “Sono, e dovrebbe essere indiscutibile, il maggior poeta italiano vivente, e, forse, il maggiore del mondo”, Piccioni, risponde: “Quando si potranno consultare e pubblicare le lettere di Ungaretti, tante cose si metteranno meglio a fuoco, ed impressioni, e dispute e nascite d’idee, ed affetti. […] Considero Ungaretti uno dei tre o quattro poeti più importanti del mondo. Ungaretti non è il poeta dell’illusione, ma della speranza.” Infatti, basterebbero soltanto tre titoli dei suoi libri: Il porto sepolto, Allegria di naufragi e Sentimento del tempo, a considerare Giuseppe Ungaretti il più importante esponente (anche senza Nobel e senza titolo di senatore a vita) della poesia di tutto il Novecento, non solo italiano.

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