“L’abbraccio che manca al giorno” di Valentina Calista
Recensione di “L’abbraccio che manca al giorno” di Valentina Calista. Articolo di Pierangela Rossi.
“L’abbraccio che manca al giorno”, la poesia eponima di questo prezioso libro di Valentina Calista (Ladolfi, pagine 72, euro 10), è tra le più belle: “Ti riconosco nell’abbraccio che manca al giorno, / alle ore, dalle liturgie scomposte delle stagioni / dai pericoli del loro pregare il perpetuo. / Dal tuo passo che vorrei fosse il mio, / quando barcollo nelle fessure dellqa vita / e nessuna strada sembra volesri tracciare. / Dagli occhi riflessi in figure sconosciute / nel loro portare pietre aggrappate alle spalle. / Al passare di un fiume nelle crepe dei nostri occhi, / al tuonare tuonare nero di un bosco stanco (…)”. E se Ladolfi segue la traccia di un “itinerarium mentis et ationis in Deum”, parafrasando San Bonaventura, (laddove Dio non è pronunciato invano) salta agli occhi il neosurrealismo di Valentina. Per cui, per esempio, la madre ha un cuore di sughero, il padre un cuore di vetro, il fratello un cuore di pane e lei un cuore di paglia: spiega nella poetica Valentina: “La mia poesia nasce da un legame forte con l’assoluto e con la passione per il misticismo della vita. Il sacro della vita è qualcosa che pervade i miei sensi e dunque i miei versi. È la ricerca continua della luce in una vita che è materia ma anche assoluto, se sappiamo ascoltarla. La poesia è per me ricerca, è fotografia istantanea di un assoluto che mi trovo a osservare in momenti di vita, è traccia che l’infinito esiste, è il dono che mi espande l’animo mettendolo in ascolto di ciò che tangibile non è nella frenesia quotidiana. La mia è una ricerca che subisce il fascino del richiamo del silenzio, quello degli “altissimi”, un misticismo umano che cerca di essere parte della vita e, tuttavia, restare in contato con un divino che è sempre più emarginato dalla contemporaneità. Il manifestarsi di questo divino passa attraverso e soprattutto le cose terrene, attraverso la natura e tutta la sua manifestazione e gli elementi naturali che la compongono: il sacro è nell’acqua, nella pioggia, nel gatto acciambellato nel suo cesto, nel calore del focolaio domestico, nell’antichità del fuoco, nella foglia che cade, nel sole che si oscura e cede il passo alla notte”. E spiega così l’impianto del libro: “L’abbraccio che manca al giorno è il risultato di un percorso in cui il silenzio della meditazione sulla vita ha concesso alla poesia di cantare la materia stessa ed innalzarla a sacra. Il valore sacro del quotidiano, l’umanità spesso assente da questa contemporaneità, i piccoli spazi di cui ci si deve riappropriare per “essere” sono, appunto, quell’abbraccio che manca al giorno e che deve essere riconquistato dall’uomo per definirsi tale. Il linguaggio e i riferimenti alla religiosità sono dei ponti che legano la nostra tradizione e cultura alle antiche radici dello spirito. Nel libro ciò che emerge è il rapporto con le realtà minime della vita innalzate a valore sacro per difendersi dall’assurdo e dalle inconsistenze. Di fronte all’assurdo solo la dimensione spirituale del ritrovarsi, l’immensità del creato e l’amore umano ridonano all’esistenza quel senso profondo, riuscendo ad aprire dei varchi tra il qui ed ora ed il divino, l’assoluto.L’abbraccio che manca al giorno è la ricerca silenziosa di armonia della vita attraverso le tracce impercettibili della sacralità dell’esistenza”. Libro da non perdere. Valentina vive e lavora in Inghilterra. Studia la ricezione biblica e teologica nel Novecento italiano. Ha studiato i salmi nella poesia di David Maria Turoldo. Finora ha pubblicato “La vertigine dell’andatura”, “Oltretutto”, “Carne Sacra”.
L’articolo è apparso su «Avvenire» il 22 dicembre 2019