La leggera presenza: “La vertigine dell’andatura” di Valentina Calista
Recensione di “La vertigine dell’andatura” (Ensemble) di Valentina Calista.
Un andare barcollante, che si sbilancia in frange di versi, non a destra o a sinistra, ma verso l’alto, più precisamente come qualcosa che preso dal vento si sollevi piroettando nell’aria, disegnando nello spazio una serie di figure dai contorni indefiniti, frastagliati, eppure lievi. E, dunque, ecco la vertigine, ecco la grazia di Valentina Calista.
Una silloge scritta “su una stoffa portata dal vento”. Capace di farti venire un capogiro, per la musicalità che si inabissa e riemerge da un mare di immagini, di simboli ancestrali che fanno riferimento al mondo naturale, quasi che l’autrice voglia invitarci a vedere nel sole, nel vento, nelle acque superiori (i cieli) e in quelle inferiori (il mare), non semplicemente gli elementi di questo mondo, ma un altro sole, un altro vento e un altro cielo, perché i nostri occhi possano riabituarsi a scorgere in questi segni la forza potente e discreta che li sostiene: l’Amore.
Amore che, per la Calista, è una presenza leggera, una promessa di resurrezione, non nell’aldilà, ma nell’ hic et nunc della nostra vita, nell’immanenza panteistica del divino, che misteriosamente avvolge e informa di sé il creato, tanto da far scrivere all’autrice che l’unico timore di Dio è “che noi dimentichiamo/il mare e il suo respiro/ il cielo e le sue espansioni,/la terra e le sue vertigini…”. Altri versi ci testimoniano di questa partecipazione del Divino all’esistenza, sia particolare che universale, come nella poesia Ho la mente scoscesa: “Oggi è Dio che spiega/l’evolversi della natura/portata in grembo dalla Donna/rinata per eccesso”; o, ancora, nella poesia Siamo pronti: “Cosa credi,/ Signore,/ siamo privi di ardore? […] Che possano le tue azioni/crescere dentro questo ignoto”.
Nel film cult American Beauty, in una, forse, delle scene più belle della storia del Cinema, Ricky Fitts (uno dei personaggi principali) mostra alla sua ragazza un video girato qualche tempo prima: si vede una busta di plastica alzarsi da terra, sostenuta dal vento, danzare a mezz’aria con una grazia infinita. Ma lascio che siano le sue stesse parole a guidarci nella poesia di questa scena:
“Era una di quelle giornate in cui tra un minuto nevica. E c’è elettricità nell’aria. Puoi quasi sentirla… mi segui? E questa busta era lì; danzava, con me. Come una bambina che mi supplicasse di giocare. Per quindici minuti. È stato il giorno in cui ho capito che c’era tutta un’intera vita, dietro a ogni cosa. E un’incredibile forza benevola che voleva sapessi che non c’era motivo di avere paura”.
Che non sia proprio questo il messaggio de La vertigine dell’andatura?