“La bufera e altro” di Eugenio Montale: spunti di lettura
La bufera e altro è il terzo libro del poeta Eugenio Montale e raccoglie una serie di poesie che vanno dal 1940 al 1956, anno di pubblicazione della raccolta.
Il libro è diviso in sette sezioni: Finisterre, Dopo, Intermezzo, e Flashese Dediche, Madrigali privati e Conclusioni provvisorie. Di particolare importanza è la prima sezione del libro che era stata pubblicata clandestinamente in una brochure nel 1943, in Svizzera. Montale entra per la prima volta nel cuore della storia, prendendo una netta posizione contro il regime politico italiano: “les prences n’ont poin d’yeux pour voi cees grands meraveille, leurs mains ne sevent plus qu’à nous percecuter”. Già da questa citazione dello scrittore Agrippa d’Aubignéche, più che altro una professione di fede, si può percepire nitidamente il pensiero del Montale maturo. Finisterre allude apocalitticamente alla fine di una civiltà e di un mondo, allo sgretolamento dei valori di fronte a una società indifferente, perbenista e basata sulla logica dell’espansionismo e della follia collettiva che attraversava il mondo nel 1943, per l’appunto l’anno di pubblicazione della prima sezione della Bufera in terra elvetica. Nella sezione Dopo, il Nostro si interroga su ciò che accadrà nel mondo nell’immediato Secondo Dopoguerra. Emerge una vena esistenzialistica e una sfiducia nel mondo e nell’essere umano in genere. Tuttavia, ciò che sta a cuore al poeta è il recupero del colloquio con le cose del creato, con le persone e, con particolare accezione, con quelle che non ci sono più. Paradigmatiche, in questo senso, appaiono i componimenti A mia madre e L’arca. Con la sezione successiva, Silvae, il Montale entra direttamente nella materia storica, grazie alla poesia La primavera hitleriana, in cui sottolinea il forte impatto storico che generò l’incontro tra i due dittatori e gli anni di grande sofferenza che sarebbero seguiti. La sezione Flashesedediche già dal titolo ci sottolinea la natura meramente fugace dell’esistenza umana, è la sezione in cui lo scrittore ligure ricerca in Clizia un’ancora salvifica, un dialogo con ciò che è altro. A questa figura più profonda si oppone nella sezione Madrigali privati Volpe, una donna inafferrabile ma, allo stesso tempo, più materiale, definibile e concreta. In Intermezzo viene puntato il dito sulla zona d’ombra in cui giace la poesia, che si muove a stento come l’anguilla nella fanghiglia. Tra le righe di Madrigaliprivati, possiamo cogliere l’afflato poetico che intercorse tra lo scrittore di Monterosso e Maria Luisa Spaziani, celata (come appare dalla lettura delle lettere) sotto l’immagine di Volpe. Con Conclusioniprovvisorie, titolo-ossimoro che conclude l’ultima sezione del libro, Montale prende atto della crisi della società e della poesia depauperate dei loro valori più intimi e ontologici. In particolare, se la poesia smette di andare alla ricerca del valore è essa stessa privata della propria missione. In tale contesto, non rimane che il lume della ragione, unico mezzo salvifico in un società che va verso una decadenza inesorabile.
La sconvolgente novità di questa raccolta consiste nella codificazione di una realtà storica in cui il poeta non si esime dal prendere posizioni. Si tratta di una posizione perentoria, civile e morale allo stesso tempo. Il dramma personale del dolore privato si fonde con quello storico di un Europa che giace sulle proprie macerie. Il poeta ci parla del presente con accorato dolore, tono profetico e, a tratti, apocalittico, in un contesto nel quale non appare alcuna possibilità salvifica: “una storia che non dura che nella cenere/ persistenza è solo l’estinzione.” (Piccolo testamento).
La poesia, la società occidentale e i valori in genere sono al centro di un grave declino in cui lo scrittore non riesce a individuare una via di scampo, che tuttavia auspica. Ecco allora la contrapposizioni tra Clizia (una donna eterea) che incarna l’aspirazione a qualcosa di più alto e Volpe (una figura tangibile) che è ammaliante, inafferrabile, conduce con sé nel flusso della quotidianità ed è, in definitiva, un rifugio terreno: “l’attesa è lunga/ il mio sogno di te non è finito.” In questi due poli si snoda la poetica montaliana della mirabile raccolta La bufera e altro.
Da un punto di vista linguistico, si assiste a un linguaggio ancora scabro ma più tendente al discorsivo, una parabola poetica che ritroveremo, più approfondita, in Satura. L’oggetto o l’occasione quotidiani sono ancora motivo di codificazione poetica, ma sempre più assolutizzati. Evidente è la maggior tendenza a una poetica che tende al discorsivo, a tratti prosastica, e che sarà alla base della produzione matura e senile del Premio Nobel italiano. Per tali ragioni, possiamo considerare questa esemplare raccolta come l’anello di congiunzione tra il primo e il secondo Montale. Una raccolta che non può mancare nella biblioteca di chiunque ami la letteratura o sia disposto ad ascoltare una grande lezione poetica.