Intervista a Loredana Limone, autrice di “Borgo Propizio”
Intervista a Loredana Limone, autrice di “Borgo Propizio” (Guanda, 2013).
Loredana, il tuo Borgo Propizio ha fatto innamorare molti lettori, ci spieghi qual è secondo te il segreto del gradimento di questo libro?
Che bella cosa hai detto! Be’, io lo spero, che abbia fatto innamorare i lettori. Effettivamente c’è stato un riscontro molto affettuoso. Una spiegazione potrebbe consistere nel fatto che è stato considerato terapeutico, da Alessandra Appiano e da alcuni psicologi. Ma perché terapeutico lo è stato innanzitutto per me: forse, senza volerlo, sono riuscita a far passare un messaggio.
Viviamo in un paese bloccato, ma ricco di talenti e idee. Non credi che forse l’Italia abbia bisogno di una grande spinta di modernità, che sappia coniugare il fascino del suo immaginario storico con le grandi sfide del futuro?
È una domanda difficile, sai, e non me la sono mai posta. Mi verrebbe da dire che l’Italia è già moderna; ma, bloccata da una mentalità arretrata, non sa sfruttare i propri mezzi, né porsi adeguati obiettivi. Purtroppo finché tutto remerà contro i nostri giovani, finché permetteremo a taluni di non schiodarsi da certe poltrone, finché saremo esterofili, finché regaleremo agli altri le nostre intelligenze, finché ci limiteremo a ululare le nostre lamentele alla luna, l’Italia sarà quello che è.
Hai avuto una lunga gavetta e un percorso editoriale piuttosto ricco, ce lo vuoi raccontare?
Sostengo di avere fatto una gavetta di 40 anni, perché a 9 anni ho scritto la prima cosa che avesse un senso, per così dire, letterario e a 49 ho firmato il contratto con Guanda. In tutto quel periodo non ho mai smesso di scrivere e i miei testi hanno subito di tutto: dall’essere ignorati, rifiutati e mortificati, al ricevere bieche proposte a pagamento. La tenacia mi ha fatto superare ogni cosa.
La mia prima pubblicazione deve dire grazie a internet e all’entrata dei pc nella maggior parte delle case, anche la mia. Dopo anni che spedivo (inutilmente) plichi stampati ai pochi grandi editori noti, riuscii a raggiungere i minori, che senza la rete era impossibile conoscere; dopo appena tre o quattro anni (i tempi editoriali sono lunghissimi!) di certosina ricerca, una casa editrice piccola ma di tutto rispetto, le Edizioni Associate di Roma, mi pubblicò Il Trenino Arlecchino e altre storie. Hanno poi fatto seguito altre dieci pubblicazioni tra fiabe e gastronomia ancora nella piccola editoria, prima che facessi l’agognato salto e pubblicassi Borgo Propizio con Guanda, appena ristampato nei Tascabili TEA, il cui sequel è in lavorazione.
Fra le tue pubblicazioni precedenti qual è il titolo a cui sei più affezionata? Io per esempio ho trovato molto interessante Mosaici d’amore…
(sorride n.d.a.) È come chiedere a una mamma a quale delle sue creature vuole più bene. L’ultima è sempre quella che ha maggior bisogno di lei.
Ma tu, Gino, hai menzionato un titolo particolare, una storia che mi rende vulnerabile, come un figlio “speciale”. Se lo hai letto, puoi capire il perché.
Fiabe e ricette sembrano coniugarsi molto bene con la tua bibliografia. Quanto conta questa quotidianità fatta di cose semplici nel tuo mestiere di scrittrice?
Io sono quel che scrivo.