«Icaro» di Scena Nuda e «Dux in scatola» di Frosini-Timpano alla seconda serata del Festival Innesti Contemporanei (2017)
Presentazione della serata del 28 luglio 2017, Squillace (CZ), Festival teatrale Innesti Contemporanei; Produzione: Nastro di Möbius
Il Festival teatrale Innesti Contemporanei è andato alla sua Seconda Edizione: un ciclo di eventi giovanissimo che ha già riscosso grande consenso in territorio calabrese e fuori, e ha previsto non solo la partecipazione di numerosi artisti provenienti dalle diverse parti d’Italia, ma anche una raccolta di vari laboratori, workshop per adulti e bambini, mossi alla sensibilizzazione verso l’arte teatrale e verso una maggiore consapevolezza del proprio corpo e delle sue capacità.
L’evento complessivo, della durata di quattro giorni (dal 27 al 30 luglio), ha interessato e coinvolto gli spazi interni – a cielo aperto – del Castello Normanno di Squillace, complesso storico di recente ristrutturazione, facendo rivivere in maniera suggestiva i pieni e i vuoti dell’architettura, e creando e offrendo attorno a questi il movimento, la luce, la musica e l’arte.
La Direzione Artistica è di Saverio Tavano: regista e drammaturgo (Centro di produzione teatrale Nastro di Möbius) attorniato da uno staff appassionato e qualificato; tra i nomi dei componenti, Maria Grazia Bisurgi (Associazione ConimieiOcchi e teacher metodo Linklater per la liberazione della voce naturale personale), Francesco Votano (ConimieiOcchi); Giorgia Boccuzzi e Emi Bianchi (Associazione Confine Incerto); Valeria Bonacci (Ufficio Stampa); Gianluca Vetromilo (Direzione Tecnica).
Pur tuttavia il Festival non si è limitato a queste presenze.
Come espresso dallo stilema contenuto nel suo stesso nome, Innesti Contemporanei suggerisce un’idea di ‘integrazioni’, di ‘aggiunte’ di forme artistiche contemporanee differenti tra loro, e perciò nel corso dell’evento è stato anche dato spazio a un intervento site specific di installazione visiva
– interno alla chiesa gotica di Santa Maria della Pietà- realizzata dal duo artistico Zingarello/Pujia, e a un’ulteriore installazione stavolta sonora, eseguita proprio all’interno delle rovine del Castello Normanno, a cura di Rizzo/Stancati di Studiolo Laps.
Per ciò che attiene alle performance teatrali al Castello, tre si sono svolte nella serata del 27 luglio («Bollari», di Teatro della Maruca; «Opera Aperta», di Piccolo Teatro Umano; «Un uomo a metà», di Castello di Sancio Panza); due nella serata del 28 («Icaro», di Scena Nuda; «Dux in Scatola», di Frosini-Timpano); due nella serata del 29 («Doppio legame», di Retablo; «Mari», di Teatro Pubblico Incanto); e infine due nella serata del 30 («Va’ pensiero che io ancora ti copro le spalle», di Scena Verticale; «Bestie rare», di Angelo Colosimo).
Ma oltre agli eventi previsti in cartellone non sono mancate piccole e piacevoli sorprese estemporanee; infatti, al debutto della seconda serata, durante l’aperitivo cui sono poi seguiti i due appuntamenti teatrali, gli Hey Porters, gruppo musicale locale, su loro esplicita richiesta di potere attivamente partecipare da artisti, hanno allietato gli ultimi momenti del tramonto al Castello Normanno eseguendo una loro cover dei successi di musica pop più gettonati di sempre.
Poi, una volta sceso il buio, alle 21:00 ha avuto inizio la prima rappresentazione teatrale.
Si è trattato di «Icaro», della compagnia reggina Scena Nuda: un momento di teatro di narrazione con un solo interprete in scena.
Eseguito per metà in italiano e per metà in dialetto reggino dall’attore Luca Fiorino, «Icaro» è la metafora di un “folle volo” ma anche del “volo di un folle”, si potrebbe dire, giacché il protagonista della storia si configura come personaggio stravagante, bizzarro, strambo: è, come si sarebbe detto in Grecia antica, un φαρμακός, il capro espiatorio di un paese che ride e sorride delle sue stranezze, della cui situazione è egli stesso cosciente appieno.
Ma se, per parafrasare, “dietro ogni scemo c’è sempre un villaggio”, è pure vero che prima di ogni “scemo” c’è spesso un forte trauma psichico-emozionale, ed è proprio ciò che Fiorino, gradualmente, rappresenta in scena: Giovanni, conosciuto da tutti come Vanni, si trova in quella condizione non per pura declinazione mentale fisiologica. Nella sua storia, che si snoda tra flashback e deliri allucinatori e alterna momenti esilaranti a momenti di mesto turbamento, è stato marito, padre, una persona ordinaria come tutti, giusto con qualche fantasticheria velleitaria, ma del resto anche questo come tutti.
Però sarà un evento tragicamente drammatico a sconvolgere la sua esistenza, rendendolo barbone e sagrestano come un Quasimodo un po’ devoto e un po’ miscredente, in conflitto con una religiosità di cui stravolge le preghiere nelle loro parole, anche imprecando talvolta, salvo chiedere perdono subito dopo.
Una figura tragicomica e memorabile, infine, uno sdoppiamento dell’Icaro mitologico tra un padre che desidera involarsi per attutire il rimorso e il peso dell’esistenza divenuto insostenibile («per vivere di cielo sopra la mia testa») e una figura effimera di figlio che muore annegato in mare, commuove per la sua storia, e incanta lo spettatore per la compiuta e matura padronanza dei movimenti del corpo dell’attore e per la competenza evocativa del linguaggio non verbale agito sulla scena.
Alle 22:00 è toccato il turno di «Dux in scatola» della compagnia romana Frosini-Timpano.
Lo spettacolo, finalista Premio Scenario 2005 e finalista Premio Vertigine 2010, ha trovato nel 2012 una sistematizzazione in forma di scritto nel volume «Storia cadaverica d’Italia» edito da Titivillus Edizioni.
Per questa rappresentazione, come per la precedente, pure s’è veduta la presenza di un solo interprete in scena, e la performance si è svolta in forma di monologo narrativo, intriso di forti elementi tratti dal mimo.
Sulla scena, Daniele Timpano dà voce ed espressione al corpo morto di Benito Mussolini che, dopo l’esibizione a testa in giù in Piazzale Loreto a fine aprile 1945, e attraverso rocambolesche peripezie durate più di dieci anni e terminate il 30 agosto 1957 «alle ore 12:10», trova finalmente pace, per così dire, a Montemaggiore di Predappio nella tomba di famiglia.
«Venite, venite, venite a trovarmi»: è il refrain delle ingiunzioni con cui esordisce Timpano ed è anche l’epifonema/ battuta di chiusura dello spettacolo; un racconto della durata di un’ora, che segue lo schema della composizione ad anello, per cui termina ricongiungendosi alla situazione iniziale.
Più precisamente, quella a cui Timpano dà voce è un’autobiografia del cadavere animato del Duce; ciò significa che Mussolini non parla al suo pubblico di ciò che fu in vita, ma proprio della sua “vita da morto”: tutti i fatti posteriori alla fucilazione sono rievocati con dovizia di parole che diventano immagini, arricchite di date e di dati nonché di approfondimenti fondati storicamente e documentati, e di nomi e contesti inequivocabilmente pertinenti.
Dallo scempio del ’45 alla pompa di benzina e attraverso tutti i vari spostamenti, la raccolta di ciò che restava del suo corpo, la composizione di quest’ultimo in una sorta di baule (la scatola, appunto), il trafugamento, e tutti i numerosi avvenimenti storici riguardanti il post-fascismo sono raccontati con una mimica stilizzata e al tempo stesso fortemente espressiva e personale, evocativa di un personaggio a suo modo bizzarro, egocentrico eccentrico e teatrale, oltreché dittatoriale proprio quale fu Benito Mussolini.
Timpano cattura l’attenzione dei presenti e diletta in più punti nel modo di raccontare: con la mano sinistra in tasca, di contro alla mano destra tesa, a palmo verso il basso e dita unite, a mimare il saluto romano in maniera a un tempo grottesca e funesta insieme, raffigura ciò che il fascismo fu e ciò che del fascismo resta, ad oggi, non trascurando mai il senso di quello che era diventato il corpo del Duce una volta giustiziato: anche lui un φαρμακός, “vittima” sacrificale su cui si è concentrata la rabbia collettiva, corpo martoriato e sottoposto a vilipendio pubblico e spietato, per cui gli stessi giornalisti ed esponenti politici del Dopoguerra si espressero all’epoca definendolo «uno spettacolo di macelleria».
Sebbene le due performance sceniche fossero completamente differenti, vi sono delle simmetrie che credo valga la pena di evidenziare: in primis, per entrambe, la presenza di un baule come unico elemento scenografico; nel caso di «Icaro», contiene le piume atte a finalizzare il volo, quelle su cui Vanni afferma: «C’ho messo tutta una vita per raccoglierle». L’altro, invece, raccoglie le spoglie del «Dux» il quale, in un momento dello spettacolo, confessa in toni a ridosso del messianico: «Mussolini non è più qui, cercatelo altrove».
Altra cosa degna d’un colpo d’occhio pertiene alla scelta simbolica dei “colori” in scena: difatti, il bianco sporcato e stropicciato di Vanni contrasta con la quasi totalità del nero lustrato e ordinato – smoking nero, cravatta rossa, camicia nera non a caso- di Benito Mussolini. Il primo, purezza decaduta di un’esistenza solitaria, che potremmo incontrare nella vita di tutti i giorni; il secondo, fetta di storia torbida e illustre in memoria collettiva, i cui effetti singolari del proprio indelebile passaggio si incontrano ancora oggi in certe forme di pensiero e atteggiamenti che talvolta, anche solo inconsciamente, ci riguardano tutti.
Due performance che, insomma, hanno detto tanto e tanto ancora hanno da dire, e che grazie al Festival sono state portate all’attenzione e alla coscienza di molti spettatori giovani e meno giovani, uniti per una e più serate dal potere dell’incontro e da un teatro che, ad oggi, sembra non aver perduto la sua dimensione di collante civico.
Innesti Contemporanei 2017 – Teatro Festival Edizione Due
Direzione Artistica Saverio Tavano
Segreteria Organizzativa Giorgia Boccuzzi/Emi Bianchi
Ufficio Stampa/Social Media Valeria Bonacci
Direzione Tecnica Gianluca Vetromilo
Staff Maria Grazia Bisurgi/Francesco Votano/Achille Iera
Foto di scena Angelo Maggio/Mattia Simonetta
Foto in locandina Francesco Sambo
Web Designer Luigi Laquaniti
Foto scelte per l’articolo Ph Angelo Maggio copyright©2017