“How To Be A Heroine: Or, what I’ve learned from reading too much” di Samantha Ellis
Recensione di “How To Be A Heroine: Or, what I’ve learned from reading too much” (Chatto & Windus) di Samantha Ellis, volume ancora non pubblicato in Italia.
A volte, casualmente, si fanno degli incontri letterari decisamente interessanti, ed è grazie ad un tweet che ho scoperto questo saggio atipico, spumeggiante e originale di Samantha Ellis, drammaturga inglese con radici ebraico-irachene.
Durante una gita ad Haworth, sulle tracce di Emily Brontë e del suo Cime tempestose, l’autrice discute con la sua migliore amica, che preferisce la Jane di Charlotte, pacata e apparentemente scialba, ma solida e decisa, all’impetuosa Catherine che vive un amore assoluto, ma è insicura e debole.
Samantha s’impunta e decide di tornare su questi romanzi per rivalutarne le protagoniste.
Da qui una riflessione su tutte le sue eroine letterarie, sul modo in cui hanno influito sulla sua vita e sulla sua maturazione come donna, ma anche una sorta di revisione delle sue opinioni mutate, magari, nel corso del tempo.
Oltre al fatto che amo anch’io i romanzi da cui il saggio trae spunto e che è sempre piacevole sentir ragionare di letteratura, ad avermi colpito è stato il modo vivo e concreto in cui essa si intreccia con la vita dell’autrice.
Non c’è superficialità, non ci troviamo solo di fronte ad elucubrazioni fantastiche (certo è esilarante il party immaginario da lei organizzato in cui vengono riunite tutte le sue figure di riferimento e ciascuna si atteggia secondo il suo carattere), ma anche ad una critica letteraria accurata ed approfondita oltre ad un racconto di formazione strutturato in modo un po’ particolare; la commistione fra questi questi elementi è sicuramente ben riuscita visto che vivacizza il libro e gli impedisce di diventare solo un autobiografia o solo un saggio critico.
Bisogna anche segnalare il fatto che la forza delle parole e dei personaggi non viene recepita solo passivamente, ma avvertita con urgenza soprattutto perché anche la narratrice vuole creare storie e personaggi, vuole trovare una propria voce e una propria autonomia espressiva; non è un caso che la straordinaria affabulatrice Sherazade diventi gradualmente un modello per lei.
Ho detto che realtà e letteratura non si separano mai fino in fondo e in effetti, i grandi personaggi citati, notevoli , fittizi, non reggono il confronto con una persona in carne ed ossa, che ha vissuto incredibili difficoltà, affrontandole con grinta e coraggio: parlo di Amanda, la mamma di Samantha, mai adeguatamente apprezzata dalla figlia, che da grande, però, la giudica con più consapevolezza e giustizia.
La conclusione a cui la Ellis arriva, dopo essersi scoperta quasi un po’ delusa dai suoi “miti”, è che ognuna di noi può essere eroina nelle piccole cose quotidiane, soprattutto se si lascia sorprendere dagli eventi dell’esistenza che andrebbero fronteggiati senza troppi calcoli e con un po’ di salutare arte dell’improvvisazione, proprio come succede in alcuni casi nel teatro, che tanta importanza ha per chi ha scritto il testo.
Questo messaggio, nella sua semplice verità, (la narrazione non ha comunque nulla di banale o stucchevole, è vivace e briosa) è solo il punto di approdo di un lungo percorso personale che passa attraverso la crescita intellettuale e contribuisce, secondo me, a rafforzare il legame emotivo con chi legge, un altro elemento determinante in un testo che fa del coinvolgimento un punto di forza.