Guillaume Chpaltine: “Scrivo per trovarmi, per cicatrizzare ciò che mai si cicatrizzerà”

Guillaume Chpaltine: “Scrivo per trovarmi, per cicatrizzare ciò che mai si cicatrizzerà”

Conversazione con Guillaume Chpaltine, lo scrittore parigino innamorato di Sperlonga e di Roma.

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Non aveva ancora trent’anni quando uscì il suo primo romanzo di cinquecento pagine che lo rese famoso mentre i critici di mezzo mondo lo definivano  il “beatnik di Parigi”. Guillaume Chpaltine, madre francese e padre russo, lasciò ben presto i locali di Saint-Germain-des-Prés, la casa di Proust dove aveva dormito tante volte proprio nel letto dell’autore della Recherche, per scoprire Roma e Sperlonga, portandosi appresso quella che lui chiama la “malattia” di scrivere. A Sperlonga comprò una casa e un vecchio frantoio che trasformò in un locale che chiamò appunto “La Renonce” frequentato dal bel mondo letterario romano da Alberto Moravia a Pier Paolo Pasolini a Laura Betti. Conosco Guillaume da quando portavo i pantaloni corti e gli leggevo le mie prime poesie tra quei vicoli e piazzette tinte a calce, trasudanti di sole e di salsedine.

La Renonce è il romanzo, definito proustiano dai critici, che ti ha portato al successo anche in Italia. Venne pubblicato, infatti, da Feltrinelli nel 1963. Fingendo di raccontare una storia qualsiasi, esplori in realtà il groviglio di “frontiere” il cui intrico forma la trama delle nostre esistenze…

Non esageriamo, caro amico… Fu un successo di critica, non di pubblico.

Une Préhistoire può considerarsi il seguito?

No. È, forse, esattamente il contrario, l’opposto de La Renonce. Sia come forma che come fondo. Il mio primo romanzo si dilegua, il secondo si restringe. Comunque, oggi ti confesso che non riesco a rileggere né l’uno né l’altro! Sono troppo immerso in quello che scrivo oggi!

Due film con Federico Fellini: La Città delle donne e Prova d’orchestra. Qual è il tuo ricordo del grande regista?

Un’avventura divertente. È inutile che aggiunga banalità a tutto ciò che sappiamo di Fellini. Posso dire però che con me fu molto docile. Perché fui io a dirigerlo nel doppiaggio, in un francese “maccheronico” di Prova d’orchestra che avevo scritto appositamente su sua richiesta. Lui, che faceva un po’ paura a tutti a Cinecittà, con me si mostrò particolarmente disponibile! Però, non siamo diventati amici. Dopo i sei mesi di collaborazione non l’ho mai più rivisto. C’era qualcosa in lui che mi “urtava”. Non saprei dire cosa, visto che lui era gentilissimo! Forse qualcosa nel tono della voce, quasi melliflua. Ciò non toglie niente alla mia ammirazione per la sua genialità. Purtroppo, l’unico film “brutto” di Fellini, per me, è proprio La Città delle donne! Anche un geniaccio può sbagliare, almeno una volta…

Per il teatro due pièce dove il tema conduttore è l’omosessualità: Bottino di Guerra e Satellite con Vista…

No, l’omosessualità non è un tema per me. È un non soggetto. I soggetti sono gli uomini o le donne con le loro singolarità. Non sono un militante della causa gay. Per me, l’omosessualità è banale quanto l’eterosessualità. Non vedo differenze! Adesso nei paesi civili gli omosessuali si sposano e divorziano come chiunque altro… Bottino di Guerra si svolge sul fondo fantasmé della seconda guerra mondiale e dell’occupazione nazista. Evoca l’amore incestuoso di un fratello e di sua sorella, l’amore non corrisposto di un uomo per un uomo che ama le donne ma che si concede a lui per denaro senza rendersi conto che lo ama per davvero anche se, a guerra finita, incontra il grande amore in una donna semplice e sregolata … Devi sapere che durante la guerra, sono stato un bambino che ha vissuto nascosto per tre anni sotto falso nome per non finire ad Auschwitz dove mio padre è morto. Per tanti anni, come tanti altri, non ho potuto parlare di questo. Forse è proprio il teatro che mi ha liberato. Quanto a Satellite con vista, è sempre la guerra in sottofondo ma un conflitto più recente, quello dei Balcani. Niente di realistico. C’è la volontà di integrare il cinema e i mezzi televisivi nello svolgimento dello spettacolo teatrale. Tutto è un po’ burlesco, con dei nani, una coppia improbabile di un gay con una transessuale che sogna di avere dei figli… Come vedi, è un lavoro molto serio!

Il tuo prossimo romanzo s’intitola A corps et à cru

È un racconto sul cinema pornografico fatto in famiglia, ma è anche il romanzo di un amore messo a male dalla pazzia…Ma ne riparleremo, se vuoi, appena il libro sarà nelle librerie. Invece, si sta per portare sullo schermo una mia sceneggiatura, Les Inconstants, prima regia di Albert Pigot. Si svolge in Francia, tra Le Havre e il Sud-Ovest, racconta di giovani sbandati, una coppia che fugge abbandonando il proprio figlio ad un uomo che hanno amato tutti e due, di un giovane d’origine magrebina che oscilla fra integrazione e integrismo, come sfondo un giallo con tre possibili colpevoli…

Vivi a Parigi, ma per moltissimi anni hai vissuto a Sperlonga e a Roma. Quale ricordo hai di quegli anni? Amicizie letterarie comprese.

Le mie amicizie letterarie in Italia sono tante… Lorenza Mazzetti, Nelo Risi, Edith Bruck, Fabio Carpi, Vincenzo Loriga, Briana Carafa, Elena Croce (per la sua rivista ho scritto alcune critiche), Antonio Veneziani, Dario Bellezza, Gianfranco Mingozzi, lo scrittore americano John Becker ingiustamente misconosciuto… Sono sicuro che dimentico qualcuno! Molti di questi mi hanno seguito a Sperlonga! Anche la Natalia  Ginsburg venne con Annamaria Levi, la sorella di Primo. Con Nelo Risi abbiamo scritto due progetti che non sono andati in porto: un adattamento delle memorie di Wanda Von Sacher-Masoch e un soggetto ambientato ad Agadir in Marocco. Credo che molti hanno dimenticato che Nelo, oltre ad essere un poeta eccelso è anche un regista al quale si deve il film bellissimo Il diario di una schizofrenica. Ho vissuto a Trastevere quando il rione era popolato di trasteverini veraci con una sola principessa simpaticissima, Topazia Aliata. Talmente veraci che mi ricordo di essere stato vittima di almeno tre furti con scasso! Avevo un bellissimo Labrador che portava in bocca il mio giornale da Santa Maria in Trastevere fino a vicolo del Cedro dove abitavo. Questa performance del mio cane mi rese molto più popolare che i miei libri! Ancora oggi, dopo trent’anni, qualche vecchietto mi chiede sue notizie! Il ricordo di Sperlonga è indimenticabile, fa parte di me per sempre. Nulla potrà cancellarlo mai. E’ uno dei posti più belli al mondo. Ho viaggiato, ho scoperto belle spiagge ma non ho visto da nessuna parte una tale sintesi di bellezze naturali, di architettura spontanea e di storia. Quando arrivai in Italia mi lanciai alla ricerca di un posto per scrivere il mio primo romanzo con pochi soldi in tasca. Un americano sbarcato sulle spiagge del Lazio nel 1945 mi citò il nome di Sperlonga. A Roma, nessuno l’aveva mai sentita nominare. Sembra incredibile oggi, ma è la verità. Quando scesi dalla vecchia corriera sgangherata che portava dalla stazione di Fondi alla piazzetta di Sperlonga, sì, la corriera arrivava proprio in piazza, fui letteralmente stordito dalla bellezza del luogo. Non c’era strada litoranea, fu costruita anni dopo, perciò i Romani che sono pigri di natura non si azzardavano in questo luogo quasi inaccessibile. Eppure, un loro lontano imperatore non si era sbagliato e aveva allestito a ninfeo la grotta che porta oggi il suo nome, Tiberio, e che si vede dal paese… È davanti a questo paesaggio magnifico che Lorenza Mazzetti scrisse il suo bellissimo Il Cielo cade… Per non parlare del carattere accogliente e caloroso degli abitanti. Trovai a Sperlonga nella vecchia Maria una seconda madre. Mi custodì, mi nutrì con affetto e con deliziosi carciofi che portava ogni mattina dalla sua campagna in un cestino in testa, come le donne africane. Si chiamava proprio Campagna! Era una donna meravigliosa. Aveva un soprannome buffo: Maria la Macacca! Non so il perché … Per me, è uno dei personaggi più straordinari che ho mai conosciuto… Lei mi ha amato come un figlio ed io l’ho amata come una madre e poi la vita ci ha separati.

Chi è Guillaume Chpaltine?

Sono semplice, sai, e complesso, come tutti gli uomini… Porto nella mia carne le ferite della guerra, quegli orrori non lasciano indenni. Guillaume Chpaltine è nato dal nulla e va tranquillamente verso il nulla. Scrivo per trovarmi, per cicatrizzare ciò che mai si cicatrizzerà. Perciò si scrive sempre un “ultimo” libro che poi non è mai l’ultimo. Fortunatamente, non si trova ciò che si cerca, tanto più affannosamente lo si cerca! Io, continuo a cercare…