“Gruppo 63. Il romanzo sperimentale. Col senno di poi” a cura di Nanni Balestrini e Andrea Cortellessa
Recensione di “Gruppo 63. Il romanzo sperimentale. Col senno di poi” a cura di Nanni Balestrini e Andrea Cortellessa (L’Orma, 2013)
L’occasione del cinquantesimo compleanno del Gruppo 63 continua a prestarsi come una buona occasione per fare i conti con l’ultimo recapito conosciuto della tradizione letteraria patria.
Questa volta si parte dalla Palermo del 1965 e dall’incontro dedicato in quella sede al romanzo sperimentale, fino ad arrivare ai giorni nostri sulle tracce di un’eredità di intenti e affinità. Col senno di poi (L’orma ed. 2013, 435 pp.) offre nella sua prima metà una ristampa anastatica del rendiconto del convegno palermitano Il romanzo sperimentale (già edito da Feltrinelli nel 1966) e aggiunge in coda le testimonianze di autori che, fra «reduci» e «postumi», provano a recuperare e attualizzare il discorso sulla contemporaneità del romanzo.
Moltissimi i nomi, a partire dai relatori del convegno siciliano Renato Barilli e Angelo Guglielmi, interpellati dal curatore Andrea Cortellessa insieme all’altro grande vecchio Nanni Balestrini. Presenti inoltre interventi e riflessioni di Giulio Ferroni, Romano Luperini, Domenico Scarpa, Niva Lorenzini, Gabriele Frasca, Nicola Lagioia, Vitaliano Trevisan e molti altri compreso lo stesso Cortellessa che con il suo Notizie dal diluvio chiude questo aggiornamento retrospettivo sul presente e sul futuro del romanzo sperimentale: «se certo storicismo aggressivo del ’65 non può che allontanarci, viceversa ci appare addirittura indispensabile il futuro non stato che il nostro senno di poi sin troppo bene conosce: per averci passato tutta la vita. Il suo calco vuoto, l’ente immaginario, l’atto mancato. Quello che ci manca, che permane irrealizzato; e che contempliamo, ogni volta, nel commisurare la desolazione del presente, del diluvio presente, alle aspettative, alle aspettative così fervide, dei giovani del Sessantacinque» (p. 424).
Il grande rammarico espresso da queste pagine e da questa operazione un po’ vintage sta nella presa d’atto finale della morte del romanzo come opera d’arte, almeno davanti lo spettacolo sconsolante (?) del mercato editoriale moderno e delle classifiche. Questo declino era intuito dai giovani palermitani sessantacinquini, che cercavano di porre un argine, un distinguo, fortificando le mura dell’ideologia, dell’alterità, della conoscenza, della modernità e, senza che nessuno pronunciasse la parola anacronistica già al tempo, dell’arte. Tutte categoria che sembrano rase al suolo dalle ragioni di vendita, specie se considerate nell’ottica “morale” che si intravede nel duetto Cortellessa-Balestrini.
I giovani riuniti a Palermo nominavano autori del nouveau roman in contrapposizione agli italiani Bassani e Cassola, con sospetti e insinuazioni anche sull’establishment letterario d’opposizione, alla ricerca di alcune definizioni radicalmente nuove ai vecchissimi problemi della narrazione romanzesca: il realismo, il rapporto soggetto-mondo, la tecnica narrativa. Con lo stesso spirito gli autori di Col senno di poi nominano David Forsetr Wallace, Roberto Bolano e Julio Cortázar, aumentando la frustrazione di non riconoscersi nel panorama che va dipingendosi stagione dopo stagione in Italia.
A ben vedere, l’occasione è un po’ la solita (e anche i nomi) che si tira in ballo per protestare contro una situazione inaccettabile da parte degli scrittori che protestano nei confronti di un pubblico cieco e instupidito, come ha graziosamente fatto da ultimo Raffaele La Capria con una sua letterina piena di ironia e amarezza (http://www.minimaetmoralia.it/wp/raffaele-la-capria-caro-lettore-italiano-non-scrivero-piu/). La situazione degli scrittori di oggi è resa difficile dal confronto delle opere che ammirano e che, per le contingenze storiche, sentono di non poter replicare, di non poter nemmeno provare a scrivere, perché il mercato le ricuserebbe senz’altro. A margine degli incontri, la generazione del Gruppo ’63 faceva i suoi tentativi: presto storicizzati, problematici, inattuali, eccetera eccetera. Ma oggi dove possiamo trovarli i nostri Fratelli d’Italia e Capriccio all’italiana?
“La situazione degli scrittori di oggi è resa difficile dal confronto delle opere che ammirano e che, per le contingenze storiche, sentono di non poter replicare, di non poter nemmeno provare a scrivere, perché il mercato le ricuserebbe senz’altro.” Tutte scuse. Kafka scriveva per il mercato? E Pessoa? Se sei davvero uno scrittore, scrivi.
Cara cristina g ti ringrazio di animare un po’ la discussione. Sono d’accordo con te sulla necessità di scrivere per scrivere, sul fatto che gli scrittori si devono sentire liberi, ma credo che la loro, come tutte le libertà vere, sia un libertà molto difficile, che molto spesso induce all’abbandono dei tentativi. Credo che questo sia un dato di fatto, che si accompagna all’altro dato di fatto di una difficile “editorializzazione” di quanto verrebbe prodotto spontaneamente. Naturalmente io non ho ricette per una situazione che mi sembra così confusa e problematica, ma credo che stabilire il grado e il livello del guasto, se di guasto si tratta, sia il primo compito razionale che ci pone davanti una situazione di più o meno velato disagio, da parte delle più parti.
Su Kafka e Pessoa certo hai ragione, ma loro erano geni assoluti della poesia e della narrazione, esiste anche una scrittura che esula dal genio (se vuoi più caduca, più storicizzabile) ma io credo che dovremmo incentrare la discussione su quest’ultima, in qualunque tempo nasca, il genio è al riparo dalla storia.
Cara cristina g ti ringrazio di animare un po’ la discussione. Sono d’accordo con te sulla necessità di scrivere per scrivere, sul fatto che gli scrittori si devono sentire liberi, ma credo che la loro, come tutte le libertà vere, sia un libertà molto difficile, che molto spesso induce all’abbandono dei tentativi. Credo che questo sia un dato di fatto, che si accompagna all’altro dato di fatto di una difficile “editorializzazione” di quanto verrebbe prodotto spontaneamente. Naturalmente io non ho ricette per una situazione che mi sembra così confusa e problematica, ma credo che stabilire il grado e il livello del guasto, se di guasto si tratta, sia il primo compito razionale che ci pone davanti una situazione di più o meno velato disagio, da parte delle più parti.
Su Kafka e Pessoa certo hai ragione, ma loro erano geni assoluti della poesia e della narrazione, esiste anche una scrittura che esula dal genio (se vuoi più caduca, più storicizzabile) ma io credo che dovremmo incentrare la discussione su quest’ultima, in qualunque tempo nasca, il genio è al riparo dalla storia