Ghost landscapes {A travelogue} // Tre poesie inedite di Kristy Bowen
Ghost landscapes {A travelogue} sono tre poesie inedite di Kristy Bowen tradotte da Alessandra Bava.
GHOST LANDSCAPES {A TRAVELOGUE} di Kristy Bowen
Three a.m. and we are all about the empty house. The burned out tongue of door. Flawed and arranged around this unruly syntax, this circadian dream. This play where I walk backwards into a broken clavicle, the Stradivarius playing madly while my diaphragm lifts toward the ceiling. So much for stray dogs and distant lovers. Even the cars idling in the road seem lonely. The house dissolves into sound into grey light into the tiniest spot on my retina. Opens to become an umbrella closing in and over and unto itself. Deer-soft as the underside of my wrist. This silence that dissolves into the edge of a dish, the cracked platter. The low clatter of bones moving over our beds. Even the cups seem lonely, the open window. I bite my lip and the landscape gives way to a trapdoor that swings open and open and open.
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The day is porous and dry and at the same time drowning, populated by strange women existing at the periphery, exiting before their cues. Mouths open, hands open, ropes knotting the slender throats of rabbits. My grandmother turned all the mirrors around to get away from them, every picture frame, every television. The sky as concave as it is flat and static and reaching toward blue. I am bread soaked in milk here, gone spoiled over and over. Poured over and over into groundwater. Living in a house I do not own, do not want, and still the crickets won’t stop their racket when the bowl goes dark over our roof. If you placed a finger exactly at the center of the horizon, you’d find my skirts and wide and generous as a river, my mouth spewing wildflowers, my sheets folding and flapping on lines as far as you can see.
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Memory folds me down the middle, lands me up river where the sun glistens on bluestem, where I’m waterlogged, a sheet of ice across water, folded and folded into my sweater and shivering like a branch. It’s all in the topography, my father says, the rocks rinsed clean, the highway that winds its way sadly toward town. The tree to my left splinters and a girl levitates above the field for a moment then drops. The mechanics of the land waver sideways and fall open like a book, break open at the center to release a fistful of ashes. The stone in my hand, the stone beneath my hand, the stillness in my fingers. A white hot fever crashing over a mountain, rooks clustered around my head. I fold myself into a story while the elms glisten with ice, the flurry of a hundred black birds escaping from a small catch in my throat.
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PAESAGGI FANTASMA {UN DIARIO DI VIAGGIO} di Kristy Bowen
Tre della mattina e siamo tutti qui in giro nella casa vuota. La lingua della porta bruciata. Difettosa e disposta intorno a questa sintassi insubordinata, a questo sogno circadiano. Questo spettacolo nel quale cammino all’indietro in una clavicola rotta, lo Stradivari che suona follemente mentre il mio diaframma si solleva verso il soffitto. E tanti saluti ai cani randagi e agli amanti lontani. Anche le macchine che girano al minimo per le strade sembrano sole. La casa si dissolve nel suono nella luce grigia nel punto più piccolo della mia retina. Si apre a diventare un ombrello che si chiude dentro e fuori e su se stesso. Soffice come cervo, come il lato nascosto del mio polso. Il silenzio che si dissolve nel bordo di un piatto, di un vassoio spaccato. Il lento clangore di ossa si muove sopra i nostri letti. Anche le tazze sembrano sole, la finestra aperta. Mi mordo il labbro e il paesaggio cede il passo ad una botola che oscilla aperta e aperta e aperta.
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Il giorno è poroso e asciutto e al contempo affoga, popolato da strane donne che esistono nella periferia, che escono di scena prima delle loro battute. Bocche aperte, mani aperte, corde che annodano le gole snelle dei conigli. Mia nonna soleva girare tutti gli specchi per stare lontana da loro, ogni cornice di quadro, ogni televisione. Il cielo così concavo quanto è piatto e statico e proteso verso il blu. Sono pane inzuppato nel latte qui, andato a male ripetutamente. Versato ripetutamente nella falda acquifera. Vivendo in una casa che non mi appartiene, che non voglio, e tuttavia i grilli non cessano il loro baccano quando il catino sopra il nostro tetto si fa scuro. Se metteste un dito esattamente al centro dell’orizzonte, trovereste le mie gonne larghe e generose come un fiume, la mia bocca che sputa fiori selvatici, le mie lenzuola piegate e svolazzanti su fili tanto lontani quanto riuscite a vedere.
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La memoria mi piega nel mezzo, mi fa atterrare in cima al fiume dove il sole scintilla sull’erba blu, dove sono inzuppata, una lastra di ghiaccio attraverso l’acqua, piegata e piegata nel mio maglione e tremante come un ramo. È tutto nella topografia, dice mio padre, le rocce risciacquate pulite, l’autostrada che si inerpica tristemente verso il paese. L’albero alla mia sinistra si scheggia e una ragazza levita sopra il campo per un attimo e poi cade. I meccanici della terra vacillano di lato e cadono aperti come un libro, si aprono al centro e rilasciano un pugno di ceneri. La pietra nella mia mano, la pietra dietro la mia mano, la fermezza delle mie dita. Una calda febbre bianca che si schianta su una montagna, corvi assiepati intorno alla mia testa. Mi piego in una storia mentre gli olmi scintillano per il ghiaccio, il turbinio di centinaia di uccelli neri che fuggono da una piccola trappola nella mia gola.
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Ghost Landscapes è precedentemente apparsa in Projecttile.
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Kristy Bowen, artista e scrittrice, è l’autrice di diversi progetti zine e raccolte poetiche , tra queste major characters in minor films (Sundress Publications, 2015), girl show (Black Lawrence Press, 2014) e the shared properties of water and stars (Noctuary Press, 2013). Vive a Chicago dove gestisce la piccola casa editrice dancing girl press & studio.