“Fuorigioco” di Fabrizio Silei (illustrazioni di Maurizio A. C. Quarello)
Recensione di “Fuorigioco” di Fabrizio Silei (illustrazioni di Maurizio A. C. Quarello), volume edito da Orecchio Acerbo.
È il 3 aprile 1938 quando le nazionali di Austria e Germania si sfidano sul terreno dello stadio Prater di Vienna in occasione di una partita amichevole organizzata per celebrare la prossima unificazione delle due squadre di calcio in seguito all’annessione dei territori austriaci alla Germania nazista. In quella che avrebbe dovuto essere praticamente una festa allestita per immortalare la superiorità del Reich nei confronti di un popolo sottomesso, ecco però sopraggiungere un imprevisto a rovinare la festa al Führer e ai suoi tirapiedi impettiti seduti in tribuna; un imprevisto chiamato Matthias Sindelar, capitano della compagine austriaca e autore del primo dei due goal con cui i padroni di casa surclassano gli avversari. Più del risultato, già di per sé bruciante per le autorità naziste, a rendere memorabile la giornata è il rifiuto di Sindelar e del suo compagno di squadra Karl Sesta, autore della seconda rete, di rivolgere il saluto a Hitler, un gesto di enorme dignità cui farà seguito la decisione di entrambi di non giocare mai per quell’artificiosa squadra nazionale formatasi all’ombra della svastica.
Non è una storia di dominio pubblico, quella di Sindelar, e proprio con l’idea di condividere anche con i lettori più giovani il ricordo del campione austriaco, Fabrizio Silei ha pubblicato, presso la casa editrice Orecchio Acerbo, Fuorigioco, un breve racconto che, avvalendosi delle bellissime illustrazioni di Maurizio A. C. Quarello, riprende quanto accaduto in quel lontano aprile del ’38 mescolando la realtà dei fatti con la vicenda del piccolo Marcus, accanito tifoso di Sindelar e affascinato all’idea dell’unificazione, di vedere il suo idolo indossare la casacca rappresentativa di «un grande popolo» come lo definisce il maestro del ragazzo. Ma il giorno della partita, nonostante i continui plagi perpetrati dall’autorità scolastica nei confronti dei giovani studenti austriaci, le certezze dello sbigottito Marcus vacillano osservando il rifiuto di Sindelar e la conseguente commozione del padre di fronte a un atto tanto coraggioso, compiuto nell’amara consapevolezza che «ci sono momenti in cui perdere tutto è forse l’unico modo di conservare qualcosa». Di fronte all’interesse personale e ai vantaggi di cui avrebbe certamente goduto accettando di giocare per i nazisti, il calciatore austriaco preferisce salvare la dignità; e la scelta, da parte di Silei, di recuperare questo episodio ci permette di accogliere nella nostra memoria un esempio di elevata nobiltà morale dandoci implicitamente un’idea della distanza che separa il calcio moderno da quello delle origini. Se ancora oggi resiste una forte e spontanea passionalità tra molti tifosi, interessati soltanto al bene della propria squadra e lontani dalle violenze e dalle esibizioni più ignominiose messe in scena sugli spalti, e se l’ammirazione di un bambino nei confronti del proprio idolo è ancora lontana dallo scomparire, bisogna pur riconoscere il divario tra l’atteggiamento di un Sindelar e le abitudini dei calciatori moderni, veri e propri feticci, ridotti a oggetti di consumo e asserviti a un mondo impostato quasi unicamente sulla circolazione del denaro. In tempi davvero terribili, Sindelar ha trasformato una partita di calcio in una lezione di vita.