Fotosintesi clorofilliana della poesia. “Fotosmosi” la silloge di Simonetta Ruggeri
Discorso intorno alla poesia #2 Recensione di “Fotosmosi” la silloge di Simonetta Ruggeri.
Per poter essere scrittori, come tutti sanno, è necessario leggere. La cosa da considerare è che per essere dei buoni narratori è importante non solo leggere romanzi e saggi, ma anche poesie. Voglio dire che chi è narratore deve avere una qualche dimestichezza con la poesia, perché questa “espande” la coscienza, le percezioni, apre e migliora l’elaborazione artistica e creativa di un testo.
Consiglio vivamente Fotosmosi di Simonetta Ruggeri – non solo al fine suddetto -, una raccolta di poesie in settanta pagine edita da Arduino Sacco, divisa in due parti: “Camera Scura” e “Camera Chiara”. Difficile però per il lettore percepire una netta divisione fra le due. In qualche modo la “separazione” ci richiama ad una diversa consapevolezza del tutto.
Il “big bang” creativo appare essere l’amore deluso, l’amore finito, ma espresso puramente in questo modo sarebbe deviante: scrivere poesie non è uno sfogo ma un’esigenza creativa, espressiva. Ciò marca la differenza nei confronti dei mestieranti, l’autrice infatti non fa solo personale terapia con la scrittura.
Il mondo della Ruggeri è intriso dalle suggestioni moderne, da quelle degli oggetti – estensioni, “protesi” del nostro io -, fino a un esistenzialismo – forse a un’evoluzione dello stesso – velato di nuove consapevolezze, di richiami ancestrali e psicoanalitici, di una nuova spiritualità, appena accennata, forse costruttivamente ancora confusa.
Se nel primo caso “da queste nude persiane, estive e riarse, sudarono sospiri imberbi, fiorirono gaudenti notti e volti acerbi” è un esempio di come la poetessa ci proietta in una dimensione dell’amore, nella sua facoltà di trasformare la percezione della materia attraverso il rapporto sensibile con gli oggetti – anche dopo l’eventuale separazione fra i sessi -, in “hai mani di scorta e rondelle di metallo nella testa che frullano olio denso di aritmetica capienza” o quando l’autrice “trasforma le gambe in robotici amplessi, le braccia in incontri tremanti prossimi sempre all’abbandono”, abbiamo alcuni dei versi che ci dimostrano una vocazione poetica molto forte: la vita è espressa con una decisa connotazione “meccanica” dei sensi, degli sguardi, dei movimenti, delle percezioni della materia. Questi non sono solo una conseguenza di ciò che è “amore e psiche”, ma anche un modo per guardare alla vita partendo dalle sue forze vettoriali, dalle risultanti. I corpi e gli oggetti vibrano, la materia pulsante si tesse con le nostre esperienze, ci fornisce le chiavi per riconoscere una partitura emotiva…“la tua camicia rigida e sconfitta”, “cerco tendaggi più tenaci della mia disperazione dove avvolgermi”, “il freddo riscaldato appoggia malinconiche note sul perimetro verde delle persiane”. La poetessa evita generalmente simbolismi o metafore tesi a fornire una comparazione, tutt’altro: il mondo materiale e le emozioni che la Ruggeri ci offre sono sostanza stessa per cogliere le emozioni sino in fondo, suggerendo richiami alla memoria del nostro vissuto in modo vero, autentico, per questo la Ruggeri è una vera artista: sa trovare significati, richiami, intersezioni di senso – dense di rigoroso stile mai formale – dove non si era pensato, facendo scoprire dentro di noi cose che erano in noi, “cogliendole” insieme a lei. Ecco anche perché la vera poesia è così importante per la narrativa, anche se mi rendo conto che la digressione coglie un aspetto che è pertinente alla poesia in generale, però è bello ricordare ciò quando si fa una scoperta letteraria. Gli odori, le visioni, gli oggetti non sono per l’autrice una semplice e suggestiva ambientazione – aspetto della mediocre poesia – ma un modo di aprirci al senso delle cose: “dammi l’idea per restarti accanto, la sensazione più compatta per cogliere il velluto delle rose”.
Fotosmosi: è forse questo uno dei titoli più adatti a una raccolta di poesie. Non solo per la silloge in questione, ma in parte mi sembra proprio che il titolo richiami il principio stesso del poetare. Il richiamo alla fotosintesi clorofilliana, a quella straordinaria alchimia della natura, che è chimica, meccanica della natura, straordinaria e metafisica combinazione di formule, si trova in abbondanza nella poesia della Ruggeri. Se dunque tutto l’universo non è altro che una superba macchina della creazione, la relazione fra l’uomo, il suo ambiente e ciò che genera non può che essere “fotosmosi”, eccezionale processo attraverso il quale si irradiano i sensi e le percezioni, in osmosi appunto con ciò che ci circonda, determinando una nuova “fotosintesi”, quella dell’uomo moderno.
Intanto le poesie sono scritte con verve e acuta sensibilità femminile, da una donna di oggi in grado di non cadere nelle trappole radical chic, ma di vivere un presente problematico, progressista, di “sinistra” si direbbe in senso non strettamente vincolato alla politica. Un gusto per un mondo fatto di libri, mercatini, fragranze, nuovi e antichi romanticismi che sono un po’ un sottofondo del libro, mai ostentati però suggeriti, assieme a un’ironia sempre latente, non palesata. Emerge – forse non voluto, quindi ancor più gradito – qualche peregrino richiamo alla musica leggera nella metrica dei versi, in certe scelte, che tuttavia non sono prese in prestito da nessuno – o forse si dovrebbe dire che la musica leggera saccheggia la poesia creando un cortocircuito di riferimenti – mentre altre poesie come Sotto la pioggia, Ti amo, Ho solo un’ora, Un patto antico, lontane da qualsiasi stereotipo e senza tradire le specificità della poesia dell’autrice, sembrano cogliere emozioni più trasversali. Ciò che si percepisce dalla lettura è che si tratta di poesie veramente partorite ed elaborate con rigore e ricerca, senza mai tradire la verità ed immediatezza delle emozioni, senza cedere ad alcuna elaborazione di stile accattivante e fine a se stessa.
Chi è l’uomo moderno? qual è il futuro o il presente – anche in chiave puramente esistenziale – immaginato in “Camera Chiara?”. Il presente è il metronomo dell’autrice – e in definitiva della poesia femminile -, perché il futuro non è altro che un’evoluzione, almeno cronologica, seppur il kairos è il vero tempo della Ruggeri. Il futuro legato ancora troppo al presente è “un orizzonte cibernetico – elettrico – claustrofobicamente ermetico – entra dal tubo sognante della vita, antica metamorfosi di corpi ossidati – umiliati dalla guerra che fucila le rose – poi le innesta col pianto.” E ancora “Cerco il mio sangue svaporato nell’ombra. L’alba avanza – tra i quadrati bucati dalla luna.”
Ritornano “le persiane” – amabile ossessione della Ruggeri -, quasi a proporsi come cesure o aperture nell’apparente kaos che ci circonda, per poi essere “tra le tue mani, come una cellula incorporea, sarò appesa ad un raggio di sole – veloce – lungo il bordo della notte”.
Il passato invece è un mondo di Danneggiati Reperti, con “opachi interstizi in terracotta”, di “afasiche ferite, ma dai Resti si apre il futuro con mani “schiuse ad aprire la mia storia invadente – aggrappata a un ramo di luce” e “mani chiuse – a fissare le sbarre del buio -come antiche latenze incrociate, annodate.”
Da leggere!
Simonetta Ruggeri vive e lavora a Roma. Dopo una tesi sullo stile di Italo Calvino e la prosa d’arte, inizia a pubblicare negli anni ‘90 con la Armando Editore. Nel 2001 vince il premio nazionale di poesia “Dario Bellezza” e nel 2008 il premio “Poesia e Immagine” indetto dalle Pari Opportunità di Cesena. Partecipa ad eventi letterari e ha pubblicato articoli, poesie, saggi su riviste specializzate. Nel 2009 pubblica la silloge di poesie “Fotosmosi” (Arduino Sacco Editore).