Fernando Pessoa: spunti da “Il libro dell’inquietudine”
Spunti dal “Libro dell’inquietudine” di Fernando Pessoa.
“Nient’altro… Un po’ di sole, un po’ di brezza, degli alberi a incorniciare l’orizzonte, il desiderio di felicità, l’angoscia dei giorni che passano, la scienza sempre incerta e la verità sempre da scoprire…
Nient’altro, nient’altro… Sì, nient’altro…”
Così si esprime il malinconico e inquieto sognatore Bernardo Soares mentre, dalla sua finestra, spia la vita, scrutandone il senso, interrogandosi e indagando l’oscuro universo del subconscio e facendosi testimone di tutto il doloroso travaglio del mondo. Il Libro dell’inquietudine è la grande opera plurima e postuma di Fernando Pessoa, è ‘l’autobiografia di chi non è mai esistito’ ovvero di Soares, alter-ego dello scrittore, che come un mare in piena, investe il lettore di riflessioni e rivelazioni improvvise, descrivendo la frantumazione dell’identità e delle certezze, dell’esistenza. Lo stesso Livro do Desasocego è un libro che non esiste, o che può esistere soltanto nelle sue molteplici combinazioni, in tante nuove personificazioni, proprio come colui che l’ha scritto. La versione appena edita a cura di Paolo Collo è basata sull’edizione critica voluta dal filologo Jerònimo Pizarro che ha ricomposto la quantità di frammenti e appunti sparsi, seguendo un criterio cronologico, che oltrepassa l’approccio tematico delle edizioni precedenti. Nella eccellente prefazione di Corrado Bologna vengono messi in luce alcuni aspetti del tutto inediti della scrittura dell’enigmatico poeta portoghese, e in particolare quello “filosofico”.
Nei 455 brani di cui il libro è composto, è piacevolissimo perdersi, disorientarsi, affannarsi a recuperare il filo dei pensieri che può farsi matassa dei nostri, in un groviglio unico e condiviso di incertezza e incognite, senso di smarrimento e precarietà. Anche per chi lo ha già letto nelle precedenti edizioni, immergersi nuovamente nelle le pagine de “Il Libro dell’inquietudine significa annichilirsi ed ogni volta ripartorirsi da sé, in una condivisione di senso dell’universo che non lascia spazio alla struttura o all’unità perché questo libro esiste solo grazie a chi lo attraversa immergendosi nella sua immensa vertigine, con il desiderio di dargli un ordine non solo testuale ma anche esistenziale, attraverso l’esercizio e il piacere del leggere.