“Delle madri” di Marina Minet
Recensione di “Delle madri” (L’Arca Felice) di Marina Minet.
Un tema intimo e delicato, ma dalle mille sfaccettature è quello esplorato da Marina Minet nel suo ultimo libro “Delle madri”, uscito nel mese di maggio 2015 per le edizioni l’Arca Felice di Salerno.
Una interpretazione lirico soggettiva della maternità che la vede ora nella veste di madre, ora in quella di figlia.
Fin dalle prime pagine si scorge l’intenzione comunicativa dell’autrice, con la dedica che recita così “Al cuore di ogni madre e di ogni figlio”, a cui fa seguito la seguente citazione introduttiva:
“Anche le querce oscillano, talvolta
(come le madri)
reggendo per le foglie la strage che riassume le stagioni
loro, mai incapaci, ferite senza carni e indifferenti
come le pietre e gli astri
(…)
Un libro che non lascia indifferenti, perché il linguaggio poetico di questa poetessa è profondo, variegato, palpitante. Vero e senza veli.
La donna madre e la donna figlia si mostrano sempre nella loro totalità in uno scavo psicologico ed affettivo talvolta anche lacerante, in un viaggio “incerto” nel presente e nel futuro (soggettivo e relazionale) per conoscersi e riconoscersi nei loro ruoli.
Il libro è illustrato dalle tavole del pittore Roberto Matarazzo ed è strutturato in due parti con note finali di lettura.
Uno dei maggiori pregi di questa raccolta poetica è che queste pagine pulsano d’amore, seppure tra le mille imperfezioni del vissuto “Vorrei che fosse culla la mia parola in voi/ la festa che vi allieta e il dono più essenziale”. L’autrice infatti scava negli anfratti più nascosti, riuscendo a rendere partecipi, trasmettendo al lettore ogni minima emozione.
3. Il nervo che ci scalda
I ricordi
questi baccelli eterni
legati alla coscienza
altro non sono che il passo che ci sposta
e il nervo che ci scalda
Cos’è il domani
se i viali si saziano di foglie
dubitando dell’inverno
Perché il domani è altrove e tutte queste attese
ci stanno sempre accanto
E incoraggiamo gli anni, adesso
cercando in ogni giorno una risposta
o un pianto che sia santo
quanto gli occhi di una madre
(p.27)
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