Conversazione con Aldo Luigi Mancusi
Intervista al prolifico scrittore Aldo Luigi Mancusi, uscito da poco con la raccolta poetica Olam Hatohu. Memorie di un suicida e in uscita col romanzo Mr Crowley.
È da poco uscito Olam Hatohu. Memorie di un suicida. Una nuova raccolta poetica che ha bissato il successo di Urizen sin dai primi giorni. Te lo aspettavi?
«Sinceramente no. Ero convinto che Urizen, almeno a livello commerciale, fosse stato un inspiegabile successo. Inspiegabile perché si trattava di poesia al servizio della mistica e dell’esoterismo, perciò qualcosa di molto ermetico, ma mai mi sarei aspettato di superare le aspettative con il successore».
Cosa significa questo titolo?
«Letteralmente Olam Haothu significa “Terra del Caos”. È un estratto della Genesi su cui da millenni i maestri della kabbalah si interrogano. La tradizione mistica più accreditata ci dice che con questa frase si fa riferimento ai sei mondi antecedenti il nostro che si sono estinti, o per meglio dire suicidati perché incapaci di vedere il proprio Creatore. Da qui il sottotitolo “Memorie di un Suicida”, incipit che mi ha ispirato in una ricerca interiore per descrivere l’attimo che precede il togliersi la vita. In fondo, come disse Poe, se c’è qualcosa di più poetico della morte, è il pensiero della morte, e un suicida è un uomo all’apice della poesia».
C’è continuità tra i due libri? Sono legati tra loro? Cosa li differenzia?
«Non penso si possa parlare di continuità. Per quanto le due opere abbiano in comune una ricerca mistica, Urizen rappresentava un viaggio esoterico nei segreti della Creazione, Olam Hatohu è qualcosa di più umano che cerca delle risposte nelle sensazioni dell’anima che vuole fuggire dalla vita».
Nasci come prosatore. Quando e come ti sei avvicinato alla poesia? Che cos’è la poesia per te?
““Prosatore è una definizione divertente, mi piace. Rispondiamo partendo dalla seconda domanda. Cos’è la poesia per me? Una composizione che manchi totalmente di ogni contenuto discorsivo e concettuale e racchiuda tuttavia la possibilità di infiniti significati suggeriti dalla cellula musicale del verso. Ecco, più semplicemente è una melodia in parole che non deve descrivere un fatto, ma un suono in grado di far vibrare il lettore. Rispondendo invece alla prima domanda, diciamo che ho sempre amato i classici, da Poe a Pound, poi i vari Verlaine, Baudelaire, Rimbaud, Elliot e via così. Sono nato con la poesia, anzi ti dirò che mi sento più poeta che prosatore, ma non potrei immaginarmi solo una cosa o l’altra, ci tengo a sottolinearlo».
C’è un modello a cui ti rifai?
«Posso rispondere sinceramente?»
Certo.
«Me stesso».
Da sempre ti muovi nel genere horror e anche nella poesia sembri voler navigare nelle inquietudini. Ti riesce più semplice con la prosa o con la poesia proporre quel mondo oscuro che è la tua cifra stilistica?
«Horror fino a un certo punto, diciamo che amo la da te citata inquietudine nella scrittura. Certamente non sono un amante dell’ultimo ciak a lieto fine e delle storie d’amore con la coppietta felice che si sposa tra mille cuori rosa. Non so perché, probabilmente sono nato così, forse avrò visto troppe volte L’Esorcista da bambino, chi può dirlo? Dire che la mia cifra stilistica mi riesca meglio con la prosa o con la poesia è difficile. Potrei dirti la prosa se non fossi un pigro cronico. Scrivere un romanzo mi appaga, ma allo stesso momento lo vivo come una tortura. Tutte quelle pagine, le virgolette nei dialoghi, i refusi e via così per oltre cento pagine: questo sì che è horror. La poesia, che mi appaga tanto quanto la prosa, è qualcosa su cui non ho capacità gestionali. Quando l’ispirazione bussa alla porta, scrivo e non ci penso, diversamente mi dedico ad altro».
Due raccolte poetiche, un romanzo pubblicato e un altro, Mr Crowley, in uscita con Ensemble. Quattro libri in giro di pochi anni. È nato un connubio? Ci sono altri lavori in programma?
«Ho scritto così tanto? Sai che non ci avevo pensato? Non so se si possa parlare di connubio, sono sincero. Diciamo che sono fortunato con la mia casa editrice, mi lasciano veramente una libertà fuori dal comune, forse è per questo che scrivo con piacere».
Ci spieghi chi è Mr Crowley per te? È davvero l’uomo più malvagio del mondo?
«L’uomo più malvagio del mondo, no di certo. Il più grande provocatore del suo tempo, quello sì. La storia di Aleister Crowley è stata scritta e riscritta più volte nei decenni, riassumerla in poche righe è impossibile. Diciamo che fu una figura straordinaria del ‘900, un uomo in grado di andare oltre certi confini per molti imperscrutabili, ma fu anche poeta, scrittore, scalatore e tanto altro, ma l’uomo più malvagio del mondo, lo ripeto, no. Questa etichetta fu una medaglia all’onore che gli affibbiò la stampa inglese».
Ci puoi dare qualche anticipazione sul nuovo romanzo?
«Prendendo spunto da fatti e personaggi reali, ho scritto una mia versione, in chiave giallo – noir, dei misteriosi anni di Crowley in Italia. Non mi far dire di più, non vorrei anticipare troppo i tempi visto che uscirà a maggio. Ti dico solo, poi mi taccio, che la prefazione è firmata John Shirley, l’autore della sceneggiatura de Il Corvo, la nota pellicola con Brandon Lee, nonché la firma dietro capolavori come Poltergeist, Star Trek e Halo».
So che sei un appassionato di pipe. Facciamo un gioco, dimmi una pipa per ognuno di questi libri.
«Ok».
Edgar Allan Poe. L’ultimo incubo.
«Una pipa in ceramica, di quelle che si fumavano nei primi dell’800».
Urizen. Il cammino dell’immortale.
«Una pipa lunga, comunemente conosciuta come una churchwarden. È una brucia tabacco da meditazione».
Olam Hatohu. Memorie di un suicida.
«Una pipa da oppio, di quelle con il fornello piccolo»
Mr Crowley.
«Una pipa curva, alla Sherlock Holmes, una delle forme più amate dallo stesso Crowley».
Posso mostrare l’immagine di copertina? Il libro esce a maggio e siamo curiosi di vedere come reagirà il tuo pubblico.
«Certo. Anche io, è un libro a cui tengo molto».
Grazie.
«Grazie a voi. E buona lettura».