“Suoni” di Alex Roeka
Oggi pubblichiamo “Suoni”, una poesia del poeta olandese Alex Roeka. Traduzione dal nederlandese di Patrizia Filia,
Suoni di Alex Roeka
Traduzione di Patrizia Filia
Così come quelli degli uccelli,
i piccioni blu e bianchi
allora a casa, tubando sulla grondaia.
O le tortore orientali, al mattino nel giardino
di mio zio, l’eremita, il bevitore,
che non apparteneva a niente, neppure alla moglie.
Il grido del cuculo nel silenzioso meriggio,
che rendeva ancora più vuota ed estraniata
la terra brabantina.
Suoni di naturale appartenenza.
E poi i suoni notturni in casa,
le voci su ladri e assassini,
che da bambino ti tenevano sveglio per la paura
e ti addormentavi
solo quando finalmente la luce appariva tra gli alberi.
E in estate il motore fuoribordo con il suo sputacchiante
suono, ronzante e gorgogliante
che spalancava la Mosa per una giornata di divertite virate.
Innumerevoli suoni, che in modo indicibile
ridefiniva la tua vita in ogni periodo.
Come il piccino, estremamente esile miagolio
di gattini appena nati nel pagliaio
e poi lo stridio di paura e smarrimento
quando venivano gettati nel canale
e sguazzando tentavano di raggiungere la riva
e ributtati in acqua se ci riuscivano.
E l’inevitabile merlo
con i suoi canti buddisti nelle strade di sera.
Il cupo scricchiolio della ghiaia,
il cigolare di porte, pavimenti e scale – papà,
che torna dal caffè in piena notte
e dopo la minaccia nelle voci incomprensibili.
O il mare che sibilando scivola a prua
di un rimorchiatore che ara il mare
nel Golfo di Biscaglia, sul quale salpato tenti d’andare
via dal tuo passato verso una tua diversa, nuova vita.
O l’ululato del vento lungo il sartiame,
lo sbattere della vela
e il fragore delle onde contro il battello
che naviga nella Manica in una forte tempesta.
Il suono ostile della natura per chi l’umano
non significa niente.
I grilli in Provenza,
che con il loro suono di eternità
di nuovo enfatizzano ad un livello mistico
ciò che la tempesta ti ha insegnato.
Il graffiare dei pattini,
il ghiaccio canterino sotto
o il ticchettio del deragliatore quando sei nelle Alpi
andando in bicicletta in montagna:
i suoni delle preghiere esaudite.
E ovviamente la musica, gli introiti che dicono:
“Silenzio, ascolta questo.”
La gioia di vivere di Vivaldi e Mozart,
la nostalgia religiosa di Beethoven, Schubert e Bach.
E ovviamente i sassofoni ruggenti
del primo rock and roll,
che annunciavano la promessa di una libera e vorace
vita erotica.
Come inizia Satisfaction:
andato via da casa, in cerca di aiuto nella notte.
Oppure Eric Clapton, che inizia diteggiando sottilmente
Have You Ever loved A Woman.
O in Suzanne la profonda strimpellata di Leonard Cohen,
JJ Cale sulle rive del Mississippi
scanalando languido con un possente joint in bocca.
E poi la più profonda e la più intensa:
le voci, le voci melodiose dei neri
raschiando rauche e afone l’accaduto nei secoli,
più profonde e più scure del suono del motore
e più limpide di qualsiasi uccello.
Il grido di Little Richard, Otis Redding,
Aretha Franklin e Nina Simone, pena che diventa gioia,
miseria che si eleva estatica.
E bianche voci femminili così leggere, gioiose
e allettanti che vorresti toccarle con la bocca.
Oppure Bob Dylan con frasi vertiginose
serpeggiando per quartieri immaginari.
E all’alba il cinguettio vuoto e minaccioso
di uccelli nel parco
quando tornasti dalla città.
Le lenzuola raspose, il letto cigolante,
il trattenuto sospiro del gioco amoroso
o il singhiozzo dei sentimenti,
che diventano troppo grandi,
come ad un funerale quando la musica
evoca la consapevolezza del fugace
e dell’insufficiente…
Tra niente e niente
il grido perduto della vita.
E poi l’ultimo suono, che è sempre lì
e sempre ci sarà,
quell’assordante assenza di suono,
il suono del silenzio.
Alex Roeka (1945) è un poeta e cantautore olandese. Tra i nove e i diciotto anni frequenta diversi collegi, dove scopre il suo amore per la musica e la poesia. Dopo il liceo studia psicologia a Nimega, ma interrompe gli studi per viaggiare su un rimorchiatore. Trascorso un anno, riprende gli studi ad Amsterdam. Si laurea e lavora per qualche tempo come psicologo. Nel 1996 esce il suo primo CD Zee Van Onrust e lavora al suo primo concerto. Nel 2000 riceve il premio Annie M.G. Schmidt. Nel 2007 esce una raccolta delle sue canzoni. Nel 2009 esce il CD Beet Van Liefde, che gli avvale un Edison. Nel 2017 è premiato con un secondo Edison per il CD Grooved. Nel 2019 esce la raccolta di poesie Al het waaien van de wereld.