“L’orizzonte” di Patrick Modiano
Recensione di “L’orizzonte” di Patrick Modiano, Nobel per la Letteratura 2014.
Tra le opere di Patrick Modiano ce n’è una che prediligo: L’orizzonte (Einaudi 2012). Non appena ho appreso la notizia dell’assegnazione del premio Nobel, ho provato il forte desiderio di leggerla. Anzi di rileggerla.
Un uomo e una donna, Jean Bosmans e Margaret Le Coz, sono al centro di una storia risalente a quaranta anni prima: Una strada calma. Erano gli unici passanti. Scendeva la notte. Rue Bleue. Un nome che a Bosmans era parso irreale. Si chiedeva se non stesse sognando ma anche un tentativo di fuga: Jean Bosmans e Margaret Le Coz stanno scappando da una donna dai capelli rossi lui e da un uomo minaccioso lei. Ma soprattutto sono in fuga da se stessi: indubbiamente nessuno dei due aveva un punto di riferimento nella vita. Nessuna famiglia, nessun aiuto. Persone insignificanti.
Bosmans narra la magia di un incontro abbandonandosi al flusso inarrestabile dei ricordi, ha l’abitudine di annotare su un taccuino nero i nomi delle vie e delle persone che incontra nel cammino della vita, semplici volti emersi dalla notte dell’oblio, legati a episodi quotidiani o fatti straordinari. La scrittura riporta in vita il lontano passato della sua giovinezza sotto forma di frammenti di ricordi, ricordi a forma di nuvola, brandelli enigmatici rimasti in sospeso come tessere di un puzzle. Margaret è la donna dal cappotto rosso e dagli occhi chiari, una ragazza fragile e delicata. Bosmans si innamora di lei in una Parigi che sembra fare da rifugio con i suoi vicoli e le stazioni del metrò. La spazialità viene percorsa e poi ripercorsa a distanza di anni per ritrovare le tracce di quell’incontro. Entrambi si sentono un po’ déracinés, ma nella camera di Margaret possono vivere liberamente il loro amore: la finestra mansardata dava su un giardino incolto in mezzo al quale si ergeva un faggio porpora (…) la chioma dell’albero aveva raggiunto quasi il vetro della finestra; il faggio diventa simbolo di un amore timido che sta nascendo nei loro cuori, non a caso sulla corteccia gli innamorati intagliano i propri nomi promettendosi amore eterno.
Per un breve periodo entrambi sognano di potersi salvare e lasciare alle spalle ogni minaccia. Una sera però Margaret parte in treno per Berlino, con la promessa di scrivere una lettera ma senza lasciare più tracce.
Il protagonista/narratore conosce bene la sua città, si compiace nel percorrerla apparentemente senza una logica, cercando di rintracciare le tappe di una frequentazione quasi dimenticata e il cui ricordo fa ritornare quel senso di attesa e di precarietà che aleggiava intorno alla coppia ogni volta che si vedevano o l’inafferrabilità che caratterizzava le attese di lui in strada fuori dall’edificio in cui Margaret lavorava. Un giorno, dopo tanto tempo, è come se Bosmans riaprisse gli occhi nel mondo dei suoi vent’anni e guardandosi intorno si sentisse disorientato, forestiero in una città che un tempo conosceva bene, e ora sente estranea: Era una Parigi diversa rispetto a quella che gli era familiare fin dall’infanzia e aveva voglia di esplorarne le strade.
L’orizzonte non è soltanto il titolo del romanzo ma un leitmotiv, una speranza, uno sguardo al futuro, un ampio respiro: per la prima volta aveva in testa una parola: futuro e un’altra parola: orizzonte. Quelle sere, le strade deserte e silenziose del quartiere erano linee di fuga che confluivano tutte sul futuro e sull’orizzonte. Questo termine fortemente evocativo sa di paesaggi, panorami sconfinati, distese infinite su cui lo sguardo può spaziare. Nell’orizzonte si perde la percezione di se stessi come individui per sentirsi parte di un tutto più esteso: gli sembrava di essere giunto a un bivio della sua vita, o meglio a una radura da cui avrebbe potuto lanciarsi verso il futuro Oppure da un giorno all’altro avrebbero potuto lasciare Parigi per nuovi orizzonti. Erano liberi. Ma solo in una mattina d’estate, a distanza di quaranta anni, Bosmans decide risolutamente di andare a cercare l’amata di un tempo a Berlino, città rinata dopo i bombardamenti, che ha i suoi stessi anni; in una quête necessaria e di vitale importanza, forse anche per ritrovare in lei il se stesso che si è perso con il trascorrere del tempo. Questa sarà davvero una scelta e si compirà solo nel momento in cui l’uomo adulto comprenderà che non si può fuggire da se stessi e da ciò che si è, quando partire si configura come necessità di incontrare l’altro e non fuggire dall’altro. Berlino vista dal cielo, non era più che un ammasso di macerie, eppure già fiorivano i lillà tra le rovine, così anche loro avrebbero dato un’altra chance all’amore.