Claudio Magris al Festival della Letteratura di viaggio
Bell’intervento, ieri sera, di Claudio Magris, in chiusura del Festival della Letteratura di viaggio che si è tenuto a Roma, a Villa Celimontana, con il supporto della Società Geografica Italiana.
Claudio Magris – intervenuto ieri sera in chiusura del Festival della Letteratura di viaggio che si è tenuto a Roma, a Villa Celimontana, con il supporto della Società Geografica Italiana – si è soffermato sull’importanza del viaggio non solo come fonte di ispirazione letteraria ma come linfa vitale di ogni essere umano.
Tra ricordi d’infanzia, aneddoti e riferimenti a libri – spaziando tra testi propri e altri d’autori soprattutto d’area tedesca – il pubblico ha assistito, in religioso silenzio, a un flusso continuo di emozioni di un uomo che, alla soglia dei 75 anni e dopo anni di insegnamento e riconoscimenti internazionali,. sente ancora il piacere di dialogare con l’altro.
Interessante il passaggio in cui lo scrittore triestino afferma che “non c’è differenza, o quasi, tra geografia e storia” sottolineando il suo amore per il romanzo d’avventura, genere che oggi ha trovato derivazione fantasy ma che, nel suo immaginario, acquisisce ancora i contorni dei romanzi di Salgari o di alcune favole teutoniche.
Poesia e cultura non nascono dal nulla e tantomeno dalla storia, bensì dai luoghi vissuti o calpestati. Lo spazio è così importante – anche quando è virtuale o immaginario – che lo scrittore può finire anche dietro le quinte. Anzi: sarebbe interessante una letteratura senza autori, alla maniera di Omero o delle storie che si fanno leggende.
Ed è proprio sull’identità che Claudio Magris si sofferma particolarmente. Da un discorso puramente letterario diventa però, incalzato dalla giornalista, a un discorso civile finanche politico.
Identità utile o molteplice, noi siamo molte cose e forse anche di più. L’unico nostro vero contenitore è il tempo, un tempo che ci costringe da un lato e ci sostiene e protegge dall’altro.
Dietro a Claudio Magris lo scherma proiettava le copertine dei libri – Microcosmi, Un altro mare e tutti gli altri – ma a me piace immaginare che ci fosse una grande cartina geografica, magari quelle vecchie e ingiallite dal tempo, con i nomi degli stati ante crollo del muro di Berlino, e noi lì, tutti, a cercare con gli occhi dove siamo e dove non siamo stati, a cercare di trovare i punti precisi della nostra esistenza o a trovare, con vaghi ricordi, un passaggio di un libro, di una fiaba o di una poesia che ci ha portato in un posto che abbiamo solo pensato o immaginato.
Migliore chiusura di questo festival, troppo poco conosciuto dai lettori italiani, non poteva esserci: solo Claudio Magris, con le sue peregrinazioni spesso troppo intellettualistiche, riesce a farci viaggiare in questo modo.