Antonio Seccareccia: Il poeta della porta accanto
Le poesie di Antonio Seccareccia sono accessibili a tutti noi e per questo godono di universalità, al di là di ogni presunzione interpretativa.
I suoi sentimenti brillano di luce propria, avvolgendo il lettore nella nube di un messaggio discreto e intenso.
I temi raccolti nel testo poetico “Viaggio nel Sud”, partono dal binario dell’infanzia, per passare attraverso le stagioni della sua terra che egli stesso lavorava con passione estrema: “Così terra per terra diventai contadino/ e zappai per chi mi pagava di più/ Almeno il giorno mangiavo libero il pane e l’aringa…” E dopo dormivo/ steso per terra senza pensieri…”.
Ma il suo sguardo non si ferma a poche considerazioni, spazia addentrandosi nelle numerose immagini che godono della profondità d’animo d’un uomo che abbraccia la vita, in quella vita dove si infrangono e si riverberano pensieri esaustivi sulla caducità esistenziale.
La natura emerge dalle sue poesie prepotentemente e si pone in primo piano, dedita a raccontare la simbiotica e le sfumature cromatiche che lo legano e catturano l’animo del poeta, sfiorando e vivendo il contatto con la terra madre.
Le immagini offerte da Antonio Seccareccia sono trasparenti solo in apparenza; il suo senso della “bellezza” si equivale a quello della “realtà”, senza peraltro, trascurare i piccoli particolari di un disegno del tutto personale.
Questo percorso intrapreso si svolge come una matassa di filo di seta rivelando l’amore verso i genitori, amore vitale, radici uniche dalle quali mai si separa, e nel passaggio tra l’affetto adolescente e quello maturo, il poeta oltrepassa la soglia come nel più semplice e umano districarsi nel quadro al quale sa dare le giuste pennellate che profumano di razionali intenti.
“Ogni giorno che passa” poesia appartenente a questa silloge, sintetizza in soli tredici versi lo scorrere del tempo che, come Antonio Seccareccia afferma, “lascia un segno nel mio cuore. Ogni fiore che muore,/ ogni foglia che cade/ lasciano un rimpianto nel mio cuore…”
La spiccata sensibilità attraverso la quale il poeta si esprime, rappresenta la capacità nell’ avvertire e il saper far emergere i valori umani con estrema chiarezza avulsa da ogni senso del pudore.
È proprio questo velato senso del pudore, ponte tra “ ermetismo e neorealismo”, come afferma nella postfazione lo scrittore e poeta Andrea Di Consoli, affascina e consola come un padre in simbiosi con un figlio.
Il senso di profonda religiosità, si svela fra i versi di “Lettera a Lea”. Qui il poeta ha la chiave di accesso per rendere viva l’immagine di una “stanza nuda/ senza neanche il Crocefisso…” e nella poesia che dà il titolo all’opera, canta: “Dio quando spunterà il giorno…” così come in Vorrei passare “come Gesù sul lago di Cafarnao”, per terminare con Sinfonia bianca in cui “Sull’oceano bianco io sono solo con Dio.”
L’aspetto religioso invia un messaggio sul quale poter riflettere e rivolto a chiunque sappia coglierne il giusto e denso significato.
Il mosaico giunge alle sue ultime pennellate, la porta poetica si apre e si chiude in silenzio, passando nel suono pragmatico carico di orpelli come i rimpianti, la gioia, la “saudade” (malinconia), le partenze, i ritorni e i rimandi.
I versi di Antonio Seccareccia leggono la nostra stessa interiorità, dove il poeta penetra con delicatezza, quasi con passi lievi, ma che riflettono forza, affidandosi a “quell’io poetico” che sa cantare e muoversi con coraggio fra versi pieni di luce, anche quando fuori e dentro palpita l’oscurità.
Al di là di ogni conoscenza e di ogni profonda cultura vive nelle poesie dell’autore tenerezza e semplicità della scrittura, che è potenza anche se non attinge ai secoli passati, frugando fra le opere dei grandi, perché si tratta di poesia intima, solenne e umile nell’anima che canta per l’anima semplice e vera.
Grazie Antonio, le tue poesie hanno raggiunto l’eternità, come dichiarazione d’amore a chiunque abbia voluto e saputo leggerle.