“Tu prova ad avere un’idea. Ripensando De André e Gaber” di Felice Di Giandomenico, Michele Balducci, Raimonda Basso Bondini, Roberta Di Bonito e Paola Pirani
Recensione di “Tu prova ad avere un’idea. Ripensando De André e Gaber” di Felice Di Giandomenico, Michele Balducci, Raimonda Basso Bondini, Roberta Di Bonito e Paola Pirani (Ensemble, 2012).Tu prova ad avere un idea è un saggio nato da un idea di Felice Di Giandomenico inerente i testi e il pensiero di Giorgi Gaber e Fabrizio De André. Il libro si avvale dei preziosissimi contributi di Michele Balducci, Raimonda Basso Bondini, Roberta Di Bonito e Paola Pirani. Alla base del libro c’è l’idea che sia Gaber che De Andrè furono, oltre che due grandi artisti, anche due eminenti e sensibilissimi pensatori ed osservatori della società dei nostri giorni. Le dicotomie filosofiche dell’uno e dell’altro cantante vengono dedotte attraverso uno studio parola per parola dei testi degli autori. La disamina messa in gioco dagli autori di questo minuziosissimo contributo ai fini della comprensione dell’opera di Gaber e De André è così scrupolosa da sfociare, per certi versi, dall’ambito filologico a quello semiotico, ove per semiotico intendiamo tutte le componenti alla base della poetica dei poeti, dal testo alla musica, dalla musica al teatro e dal teatro alle apparizioni televisive.
Partendo dal presupposto che sia Gaber che De André fossero due “filosofi” dei giorni nostri, differente era l’approccio a realtà e alla sua codificazione poetico-letteraria tra il cantautore ligure e quello milanese. Comune, senza ombra di dubbio, appariva l’atteggiamento critico verso la società in cui hanno vissuto e la formazione ideologica. Ciò nonostante, è emerso che “Gaber e De André appartengono solo a se stessi, alle loro idee, al loro modo di interpretare quegli aspetti sociali che rendono l’individuo soggetto alle dinamiche di un sistema tendente all’omologazione …”
De André, poeta dei sobborghi e dei diseredati, era per sua natura più interessato alle esistenze dei più deboli, alle ingiustizie sociali e alla vite di quartiere fatte di ripicche, di malelingue, di amori eroici e sfortunati, di sotterfugi picareschi e prostituzione. In breve, De André era interessato al popolo. Anche Gaber lo era, ma da tutt’altra prospettiva, cioè da un punto di vista sociologico e satirico verso l’espansione della classe borghese, sia da un punto di vista demografico che da un’angolatura puramente culturale. Gaber metteva a confronto le differenze tra le classi sociali, paradigmatico è lo sdoppiamento del Signor G. nei panni del ricco e in quelli del povero dove le due vite vengono messe affiancate impietosamente. L’impiegato piccolo borghese, l’operaio che si sacrifica per i figli e le contraddizioni del benessere sono alla base della poetica di Gaber, una denuncia ironica e costante di una società che, abbandonato lo status di contadina, non ha ancora sviluppato gli strumenti culturali per giungere all’autocoscienza e, in ultima analisi, si lascia trascinare dal progresso tra superbia e ignoranza.
A De André, dicevamo, stavano più a cuore i diseredati e amava raccontare dal storia con una parabola che andasse dal particolare all’universale, come La Guerra di Piero in cui Piero e la sua storia diventano il simbolo di un dramma universale. Alla base del suo pensiero, nonostante, l’estrazione borghese, Bakunin, Malatesta, Kropotkin e Stirner. In sintesi, la matrice anarchica.
Gaber, dal canto suo, è maggiormente influenzato dalla Scuola di Francoforte, crede nell’individuo come essere critico e pensante e sostiene l’aggregazione democratica del popolo operaio: “libertà non è uno spazio libero,/ libertà è partecipazione”.
Da un punto di vista tecnico, De André è sicuramente più letterario di Gaber, possiede gli strumenti del poeta sia linguistici che retorici, e sa sfruttare sapientemente la musicalità intrinseca alla lingua italiana attraverso un magistrale utilizzo di assonanze, consonanze e rime: “Dormi sepolto in un campo di grano / non è la rosa non è il tulipano /che ti fan veglia dall’ombra dei fossi /ma son mille papaveri rossi [ …]
Gaber, di contro, costruisce testi più compassati, sulla falsariga del comizio dalle sfumature poetiche: “La libertà non è star sopra un albero /non è neanche il volo di un moscone /la libertà non è uno spazio libero /libertà è partecipazione”
Tu prova ad avere un idea, in definitiva, è un contributo fondamentale per la più completa comprensione dei due autori musicali più emblematici ed affascinanti del secolo scorso, un lavoro sovrumano da un punto di vista filologico, semiotico, esegetico e storico- musicale che permetterà a tutti voi di fare chiarezza sui più intimi risvolti dell’animo di Giorgio Gaber, per tutti G. e Fabrizio Faber De André. Assolutamente da non perdere.