“Il mio nome era un altro. Due bambini dell’Est” di Anna Maria Carpi
Recensione di “Il mio nome era un altro. Due bambini dell’Est” di Anna Maria Carpi.
Marek è un bambino di origini rom, abbandonato da sua madre, accolto in un istituto e poi adottato da due genitori italiani, Sandra e Mario. È un bambino inquieto, probabilmente per via del suo passato che gli è rimasto come un’impronta. Un’impronta che inconsciamente gli instilla piccoli dubbi, specie riguardo ai suoi nuovi genitori pur così affettuosi. L’insicurezza del piccolo Marek è riflessa in quella di Sandra e Mario, il punto di vista della storia è il loro, a volte inermi di fronte alle reazioni del piccolo, a volte impauriti dal pensiero che possa sentirsi di nuovo solo e abbandonato.
“Lui. Chi è questo, che non è la mia carne, e lo sa, e sa anche, l’ha capito da subito, che ci ha messi insieme il caso e noi potremmo essere altri e lui un altro, o non esserci mai incontrati. Nulla ci lega se non una decisione presa da pochi adulti e un sentimento”.
Anche Anna, l’altra protagonista del libro, è una bambina inquieta. Lei i genitori ce li ha, ma loro pensano solo ai suoi fratellini morti prematuramente e di lei non si curano; neanche quando mette il muso, quando è triste. Anna preferirebbe essere serena e sorridente, ma si sente sempre a disagio. Si rifugia così nei libri, che la rendono cosciente del male che esiste intorno a lei ma che, nello stesso tempo, le daranno conforto e rappresenteranno il suo riscatto.
“Trovassi anch’io un libro che m’insegni come comportarmi, quante volte io faccio cose sbagliate perché… oh, lo so bene, perché… io qua ci sono solo per caso”
Ne “Il mio nome era un altro” Anna Maria Carpi racconta senza retorica, con uno stile essenziale e asciutto, incisivo e a volte anche crudo e duro la storia di due bambini e della loro voglia di cambiare per poter dire che: il loro destino era un altro e loro sono riusciti a cambiarlo.