Intervista a Roberto Riccardi, autore di "Undercover. Niente è come sembra"

Intervista a Roberto Riccardi, autore di “Undercover. Niente è come sembra”

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Intervista a Roberto Riccardi, autore di “Undercover. Niente è come sembra” (E/O, 2012).

Roberto, innanzitutto complimenti, Undercover è un romanzo che ti inchioda, che coinvolge il lettore ad essere protagonista della detection, soprattutto propone una ‘ndrangheta vera, reale, e di riflesso una Calabria senza stereotipi. Rocco Liguori svolge da infiltrato una missione in una grande operazione criminale relativa a un carico di cocaina, quante persone nella vita reale hai conosciuto come l’agente Rocco Liguori? E quanto ha contato la tua personale esperienza?

Sono un ufficiale dei carabinieri e l’aria di Undercover l’ho respirata per molti anni. Occupandomi di ’ndrangheta e narcotraffico internazionale, ho a lungo osservato l’orizzonte che separa i boss e i picciotti dagli agenti antidroga. Su quella linea sottile camminano gli infiltrati e le talpe, un mondo oscuro eppure affascinante. L’esperienza diretta è stata fondamentale. La vicenda è frutto d’invenzione, ma il contesto descritto è perfettamente realistico.    

Con La foto sulla spiaggia, ma soprattutto con Sono stato un numero, biografia di un sopravvissuto ad Auschwitz, che ha vinto i prestigiosi premi Acqui Storia e Adei-Wizo, ti sei inserito come scrittore nel grande filone della letteratura sulla Shoah. C’è secondo te qualcosa che la storiografia ufficiale ha trascurato? O meglio, come scrittore, cos’hai scoperto di inedito lavorando su questi temi?

Di Shoah in questi anni si scrive molto, ma quando vado a parlarne nelle scuole mi accorgo di quanto poco se ne sappia. Ci sono aspetti dell’universo concentrazionario che non saranno mai raccontati. Sono quelli di cui gli ex deportati, le voci dal lager, si vergognano di più. Alberto Sed, al centro del mio libro Sono stato un numero, ad Auschwitz è stato costretto a lanciare in aria i neonati, le SS ci facevano il tirassegno. Ci ha messo mesi prima di raccontarmelo, nessuno prima di lui ne aveva parlato. Si sentiva in colpa, anche se non poteva rifiutarsi di obbedire. La sfera degli abusi sessuali in danno delle prigioniere, per fare un altro esempio, è quasi del tutto inesplorata.   

Legame di sangue edito da Mondadori nel 2009 ti vede nelle vesti di giallista e vincitore anche questa volta di un premio. Raccontaci un po’ della genesi del libro. Un successo che si è ripetuto nei Condannati.

Prima della biografia di Sed mi ero cimentato solo in brevi racconti. Quella prima esperienza mi ha insegnato che scrivere un libro non era diverso, ci voleva solo più tempo. Così ho continuato, scegliendo il giallo, a me congeniale dato che nella vita sono un investigatore. Ho buttato giù un romanzo di ambientazione siciliana e l’ho presentato da inedito al Tedeschi, premio annuale del Giallo Mondadori. È andata bene, e mi sono detto: finché vinco gioco. La sto ancora vivendo così.    

 Parlaci del tuo prossimo libro, cosa stai scrivendo o pensando?

Undercover, pubblicato da E/O nella innovativa collezione Sabot/age diretta da Colomba Rossi e curata da Massimo Carlotto, mi sta dando belle soddisfazioni. Così ho telefonato a Rocco Liguori, il protagonista, e gli ho chiesto: ti va che parli ancora di te? È stato d’accordo. Nessuno è innocente, che uscirà in settembre nella stessa collana, trasporta questo tenente dell’Arma in un’altra incredibile realtà: quella del genocidio avvenuto in Bosnia negli anni Novanta e dei processi ai criminali di guerra. Come si dice, non ci facciamo mancare niente.